giovedì 27 novembre 2014

moneta locale


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Moneta locale
di Mariano Abis

Dalla parte di un sindaco, e di una amministrazione comunale, di un qualsiasi paese o città della Sardegna.
Appello rivolto a tutti i rappresentanti di istituzioni pubbliche e private, componenti di associazioni culturali, polisportive, onlus, commercianti, industriali, agricoltori, artigiani, eccetera, e ad ogni singolo cittadino.
Questo testo propone un modo di vivere e di pensare innovativo, non è adatto a chi ha paura dei cambiamenti, ed è contrario allo stravolgimento radicale di questo sistema palesemente fallimentare, e a chi si conforma in maniera passiva alle regole di vita dettate da personaggi lontani dalla nostra isola, nella fattispecie da dirigenze politiche che non hanno a cuore il benessere di una terra lontana, come può essere la nostra Sardegna.




Leggendo ed informandomi, mi è sorta spontanea una riflessione: come mai, una terra come la nostra, che ha risorse umane e materiali invidiabili, si trova in queste condizioni di abbandono?
Per realizzare una qualsivoglia opera, servono essenzialmente quattro cose, primo, la volontà di realizzarla, secondo, le risorse umane, terzo, i materiali da costruzione, quarto, essere in possesso della tecnologia adatta.
Ammettiamo di voler costruire un grande mercato comunale, composto da piccoli box destinati a chiunque abbia merci da vendere, bene, abbiamo tutto, lo possiamo costruire a costo zero, secondo il mio punto di vista, e spiegherò perché faccio questa affermazione.
Quasi sempre, quando non esiste la volontà politica per affrontare un problema, viene giustificata l’inerzia con una semplice frase ripetuta come un mantra: “non abbiamo i soldi.”
Faccio parte di un gruppo di persone che operano un po’ dappertutto nell’isola, per affermare l’utilità, divenuta ormai impellente, di adottare in ogni paese, a costo zero, risoluzioni che consentirebbero di azzerare la disoccupazione, costruire infrastrutture, abbellire paesi e paesaggi, dare impulso a quella eccellenza tutta sarda che si chiama archeologia.
Chi è quel sindaco che vorrebbe vedere i suoi uffici di assistenza sociale costantemente deserti?
Penso tutti, con la moneta comunale è possibile.
Chi è quel disoccupato felice di lavorare, piuttosto che prendere sovvenzioni gratuite e moralmente penalizzanti?
Penso tutti, con la moneta comunale è possibile.
E il meccanismo è intuitivo, si tratta di certificare, con una semplice annotazione contabile, o direttamente con banconote emesse dal comune, un lavoro, un acquisto, un servizio ricevuto, un’opera realizzata.
Tutto a costo zero.
Impossibile? Si se restiamo in questo ordine di idee che penalizza la gente e favorisce i grandi gruppi speculativi finanziari di oltre Tirreno, e di oltre Atlantico.
No, se siamo convinti che il lavoro sia un bene di gran lunga più positivo del denaro, e delle logiche del consumismo.
Si tratterebbe di tornare ad una vita più semplice, dai bisogni essenziali, non indirizzata ad obiettivi fumosi, e irrazionali; la società industriale ha mostrato i suoi molti limiti, quella dei servizi ha fallito, l’attuale società fondata sul denaro, è addirittura criminale, non ci resta che tornare ad una vita a misura d’uomo, alla civiltà contadina, dove nessuno muore di fame, nessuno si suicida.

Il debito globale dell’intero pianeta, è a vantaggio per lo più di poche famiglie di finanzieri senza scrupoli, ammonta a settecento mila miliardi di dollari americani, mentre il prodotto, la ricchezza generata dall’intero pianeta, ammonta alla decima parte, cioè settanta mila miliardi.

Va da se che ormai il debito globale è praticamente inestinguibile, loro, i finanzieri mondialisti, sono padroni delle nostre case e di tutti i nostri averi, la moneta corrente è di loro proprietà, non certo del popolo.
Per uscire da questa spirale, possiamo percorrere una unica strada, quella delle monete complementari, da affiancare all’euro, per dare respiro alle varie economie disastrate, non abbiamo altra scelta, dato che abbiamo in costituzione il pareggio di bilancio, che significa che se lo stato mette in circolazione mille, deve per forza recuperare, con le tasse, mille, ma deve estrapolare da quella cifra il debito annuale che attualmente ammonta a novanta miliardi all’anno, e ogni anno diventa sempre più pesante.
Tutto ciò porterà progressivamente alla matematica povertà di tutta la nazione.
E allora, prima adotteremo la moneta comunale, perfettamente legale dalle norme vigenti, e meglio sarà.
Il progetto è quello di passare, col trascorrere degli anni, e con l’esperienza acquisita, finalmente, alla nostra moneta regionale, valida in tutta l’isola.

La Sardegna ha visto, nel corso dei millenni, le navi arrivare vuote, e ripartire stracariche di beni, prodotti dal nostro popolo, l’economia globale è, per noi, penalizzante, la nostra economia deve ruotare all’interno del territorio, e attrarre investimenti per via di quella rara eccellenza che risponde al nome paesaggio incontaminato, la Sardegna potrebbe vivere di turismo, produzioni agro-pastorali, e artigianato, tornare insomma alla civiltà dei nostri avi, mantenendo il territorio sano, senza abbandonare le ultime conquiste tecnologiche.
Lo dice la storia, lo dice il senso di giustizia che ci appartiene, lo dice una legge naturale, quella che certifica che ogni uomo deve operare per sé, per la sua famiglia, e per il contesto economico e sociale a cui appartiene, i banchieri che operano a migliaia di chilometri di distanza dalla nostra terra, non ci possono dare niente, loro aspirano a schiavizzare interi popoli, col controllo del denaro, ormai quasi tutto il mondo lavora gratis per loro.

La nostra isola ha tutto quel che serve, clima, territorio, materie prime per costruire, e la genialità dei suoi abitanti, discendenti dalla civiltà che è stata la più evoluta del mediterraneo, anche se l’archeologia ufficiale, timorosa di creare un senso di appartenenza della nostra gente, cerca disperatamente di occultare.
Ormai è assodato, i meccanismi che regolano la circolazione monetaria, hanno creato nuove elite, nuovi faraoni, e nuovi schiavi.
Abbiamo una sola speranza, interrompere al più presto questa spirale, la soluzione, ripeto, esiste, ed è legale.
Si chiama moneta complementare, moneta sociale, popolare, comunale, e infine regionale, il nostro grande obiettivo.
È giunto il momento di districarci da logiche che non vanno mai a favore della gente, di dare una svolta epocale alla nostra storia, ciascuno di noi dovrà fare la sua parte, il commerciante accettare la moneta comunale, l’agricoltore e l’artigiano vendere ai suoi concittadini, il frutto del suo lavoro, gli ex disoccupati abbellire e costruire, rendere servizi, che risulteranno, per la collettività, quasi a costo zero, e, forse, non ci sarà nemmeno l’esigenza che vengano richieste gabelle di alcun genere ai cittadini.
Ciascuna famiglia che lo richiedesse, potrebbe usufruire di un box al mercato comunale, concesso a prezzi politici, per poter piazzare sul territorio la sua produzione, qualunque essa sia.
Si tratta di immaginare il nostro futuro, e quello dei nostri figli, in un ambiente sereno, fattivo, e di collaborazione, siamo nati per trovare le giuste soluzioni, con risorse finanziarie sufficienti, a rendere le nostre scelte, non forzate, ma consapevoli.
Questo testo è forzatamente succinto, troppo ci sarebbe da scrivere, sono comunque a disposizione di chi fosse interessato, ad intavolare una costruttiva discussione, materiale esauriente si può comunque trovare sulle pagine internet di you tube, digitando il nome del mio amico Paolo Maleddu, che ha caricato numerosi ed esaustivi video al riguardo.
Mariano Abis
 
E questo è il testo consegnato e pubblicato  da ILSOVRANISTA, storico organo di contro-informazione.
Sono trascorsi molti anni dalla data di prima pubblicazione, e qualche concetto nella mente di jolao77 è variato sensibilmente.
Ora siamo convinti che bisogna lottare per una moneta sovrana al portatore di proprietà del popolo sardo, lottare per realizzare lo Stato di Sardegna.
Siamo altresì convinti che anche in presenza di moneta nazionale sarda, possa essere plausibile anche una moneta complementare, o comunale, che intervenga in alcuni settori economici, o in alcune zone ben definite. 
 


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