Articolo di Carlo Pompei
pubblicato da www.ilsovranista.it
Pubblicato per la prima volta da LineaQN
quotidiano cartaceo
In Italia “onesto” è sinonimo di “fesso”
di Carlo Pompei
Quando scrissi questo articolo molti italiani erano ancora vivi…
(19 ottobre 2011)
È divertente ed esaustivo il sempre radicale (a suo modo) Marco P a n n e l l a quando dichiara che la chiave del successo di Berlusconi è da ricercare nell’opposizione. Non ha tutti i torti, in effetti, si fossero “opposti” al Governo, anziché al personaggio, probabilmente il risultato del voto di fiducia alla Camera di venerdì scorso sarebbe stato diverso, ma non ci giuriamo sopra. Perché? È subito spiegato: viviamo in un sistema – e in una situazione – dove il dio denaro comanda tutto e tutti. Bene, fin qui ci siamo.
Male, ma ci siamo.
Quella stessa sinistra che deplora – e a volte diffama – il Premier, si è cibata per anni di introiti provenienti da finanziatori anche e soprattutto esteri che, appunto, foraggiavano le casse del partito. Il “nostro” Maurizio Liverani ne ha parlato spesso e con cognizione di causa (cfr. Linea quotidiano, ed. 2011, pag. 3). D’un tratto questo flusso si è ridotto di molto (1989) e i sinistri assetati a valle della sorgente hanno poi assistito, oramai impotenti o quasi, alla “discesa in campo” del “cavaliere nero”. Questi, forse mosso da patrio amore o per tutelare i propri interessi (ma non parliamo di questo poiché non ne abbiamo né le prove, né tantomeno l’autorità), ha costruito con i propri mezzi – questo, sì, è un dato di fatto innegabile – quella “Forza Italia” che (all’inizio) faceva sorridere tutti. «Che cosa pensa? Che la politica sia una campagna acquisti per squadre di calcio?», «Un partito non è una partita! L’Italia non è il Milan!», questi i commenti nei bar italiani prima del 1994. Affermazioni condivisibili, non perché andassero contro il capo di Mediaset, di Fininvest, della squadra milanese o chissà che cos’altro, ma perché eticamente corretti e quindi inoppugnabili.
Il problema vero del sistema accennato prima è che la sinistra, fintanto che ha avuto buon gioco e responsabilità acclarate (ridotte) di cui rispondere, riparata all’ombra lunga di una “Balena bianca” in procinto di spiaggiarsi, non ha mai sollevato il benché minimo dubbio sull’operato dell’uomo di Arcore, molto amico di Bettino Craxi. Tant’è vero che tutti i procedimenti giudiziari sulle sue spalle, “toghe rosse” o meno, quando riguardanti un periodo ante ‘94, sono retroattivi.
Mai avrebbero pensato, evidentemente, i sinistri, che quel “disegno superiore” – del quale un tal Antonio da Montenero di Bisaccia si è fatto piccolo-grande interprete e del quale ha sicuramente giovato – sfuggisse di mano a quasi tutti.
Parliamo, ovviamente, della Tangentopoli gattopardiana che ha cambiato tutto per non cambiare nulla, se non i nomi di (alcuni) occupanti delle poltrone del potere.
I “nuovi” assetti politici che si andavano via via delineando hanno paradossalmente favorito – come dicevamo – la nascita di “Forza Italia”. Una macchina da consenso ben oliata, più che un partito, ma se le “regole” funzionavano “bene” per DC e PCI, perché avrebbero dovuto essere bandite con il “nuovo che avanzava”? Questa la domanda che la sinistra non si è posta quando sarebbe stato opportuno, ma che, d’altra parte, non poteva porsi – o quantomeno non poteva renderla pubblica – poiché avrebbe svelato alle masse proletarie votanti un po’ ingenue il sistema nel quale, fino ad allora, avevano sguazzato tutti, nessuno escluso. Il “torbido” ove pescare citato da Giulio Andreotti in più di un’occasione, per intenderci.
Ebbene, se quel partito si è mosso, evoluto, allargato nel tempo cambiando vari nomi (FI, CDL, PDL) e sfruttando diverse “alleanze” (Fini, Bossi, Casini, Follini per non parlare delle strizzatine d’occhio dell’acerrimo nemico Di Pietro e degli avalli interessati di Buttiglione sul “Berlusconi-bis” del 2005), lo si deve – nel bene o nel male – alla figura e ai soldi di Berlusconi. Contestarlo oggi perché ha denaro che gli consente di permettersi di tutto, equivale a recarsi in un qualsiasi porto turistico per invidiare chi ha trenta metri di barca a vela bialbero ormeggiata in bella vista: inutile.
A proposito di barche, in quel Dedalo di interessi rispuntò fuori Ikarus-dalle-ali-di-cera che, come è noto, si avvicinò troppo al “re Sole” e cercò di combatterlo sul suo medesimo campo, ma con mezzi decisamente più modesti, almeno quelli messi a disposizione per la causa che fu spacciata per popolare. Ne scaturì una lotta pseudo-politica – tanto impari, quanto sterile, dati i presupposti – che ha successivamente dato origine a quell’opposizione “ad personam” citata all’inizio che non ha portato da nessuna parte se non a spendere altri, tanti, troppi soldi per campagne elettorali dall’esito quasi sempre scontato. E quando quest’ultimo non lo è stato (governi D’Alema e Prodi), si è evidenziata la mancanza assoluta di volontà nel risolvere quel “conflitto di interessi” che riempie la bocca (e le tasche) del “masaniello” di turno.
Citiamo di nuovo CassAndreotti: “Il potere logora chi non ce l’ha”.
La chimica, con la “cartina al tornasole”, ci aiuta a capire il perché nella “Prima Repubblica” i nomi dei partiti non cambiassero mai, mentre nella “Seconda” sono in continuo mutamento: abbiamo il rosso (Pci-Pds-Quercia-Ds-Ulivo-PD-Boh?) in ambiente “acido; il verde, (Lega Nord, Lega, Bossi, padania, etc.) in situazione “neutra” per alleanze utili e proficue; infine il blu (FI-CDL-PDL) in ambiente “basico” o “alcalino” come le batterie che sprigionano “energia” (leggi: “soldi”).
Non abbiamo incluso il cosiddetto Terzo Polo perché tende al marrone scuro (maliziosi! Che avete pensato?), che è la risultante dell’unione dei colori primari (RGB), quindi tutto e quindi niente. Un ex missino-fascista (?!?), un ex democristiano e un ex radical-comunista insieme? Quasi nero, quasi bianco e quasi rosso: manca soltanto il riciclaggio dello slogan di una compagnia petrolifera degli anni ‘70: “Con API si vola” e siamo a posto. Ma forse ci sbagliamo… chissà… Scusate la divagazione.
Dicevamo, se la sinistra uscirà dall’ambiente “acido” che caratterizza tutti i suoi esponenti, potrà avere qualche possibilità di successo, soprattutto se questi la smetteranno di demonizzare Berlusconi, facendone invece un martire, simpatico a chi spera che – per uscire di scena in modo trionfalistico – un giorno decida di saldare il mutuo per l’acquisto di casa ai primi cento disperati che lo chiedono, a patto che gli consegnino la figlia minorenne, naturalmente “aspirante” velina.
Capito, ora? È stato il “sistema Italia” a creare “Berlusconi”, non il contrario: un liquido prende sempre la forma della bottiglia che lo contiene.
Prova ne è il fatto che, negli anni ‘80, salva l’eccezione di un maldestro tentativo di oscurarne le trasmissioni televisive, nessuno si è posto il problema della sovraesposizione mediatica del futuro Premier.
Erano i tempi durante i quali eravamo “tutti contenti” di avere una televisione “moderna” che importava format americani dal discutibile messaggio subliminal-capitalista.
Dopo decenni di repliche dei film di John Wayne sul “primo canale” Rai il lunedì sera, che cosa hanno fatto i vertici della cosiddetta “TV di Stato” per contrastare la concorrenza alla quale non erano abituati? Nonostante il già oneroso e anacronistico, se non contestabile canone annuale, hanno ben pensato di copiare, intervallando, anche loro, la pubblicità durante i film (sempre abbastanza datati), anziché elaborare, sviluppare e promuovere una TV, che oltre allo svago, proponesse anche informazione libera non politicizzata – e quindi deformata – da DC-PSI-PCI. Ingenuità? Forse, ma recriminare ora non serve… Tutto ciò premesso, oggi l’Italia ha bisogno di denaro liquido e gli italiani medi sono alla fame, ma non sono ancora disposti a tutto: chi non ha più nulla da perdere è pericoloso, ma chi ha qualcosa, anche se poco, è ancora manipolabile.
Chi è che ha tanti soldi e la faccia tosta di ammetterlo? Unite i puntini – come diceva Steve Jobs – e avrete il nome e la spiegazione del perché si trova dove è. Tornando al bar, i commenti sono cambiati, ma nessuno mai ammette di aver votato per Berlusconi. Delle due, l’una: o sono stati effettuati clamorosi brogli elettorali, oppure molti di quelli che urlano in strada con il pugno sinistro chiuso levato al cielo (bruciando automobili e sfondando vetrine dei negozi di privati cittadini) hanno mutui da pagare, speranze e… figlie femmine. O magari sperano in una “comparsata” ben retribuita al Grande Fratello.
Quindi, come sempre: chi è senza peccato, scagli il primo… Di Pietro. O “sanpietrino” (i selci romani).
Una cosa, però, è certa: Berlusconi è “sceso” in politica per tanti (suoi) buoni motivi, ma sicuramente non per appropriarsi di soldi pubblici, non ne ha mai avuto bisogno, almeno negli ultimi venti anni. Si potrebbe obiettare che, se nel ‘94 non avesse fatto “scelte politiche”, si sarebbe dovuto rifugiare dal suo amico Craxi ad Hammamet.
Può darsi, ma così non è stato e qualcuno gli ha concesso di fare quello che ha fatto e, come già detto, quando se ne è presentata l’occasione, da sinistra nessuno gli ha mai fatto uno sgambetto serio. Perché? Scheletri nell’armadio, forse? In effetti basterebbe dare un’occhiata alle dichiarazioni dei redditi dei politici, che noi, da buoni “fessi”, accettiamo per veritiere. Per inciso, facendo due conti al volo, anche se la classe politica e relativo entourage, a partire da oggi, non dovessero più intascare un euro, occorrerebbero circa cento anni per ripianare il bilancio dello Stato, altro che 2013. Abbiamo un debito pro-capite, neonati e centenari inclusi, che ammonta a circa 20000 euro.
Sembra poco, ma non lo è: i calcoli statistici sono attendibili soltanto a livello di stime di massima. Pensate solo per un attimo ad una famiglia formata da quattro persone con genitori precari o disoccupati con mutuo o affitto sulle spalle.
Pensato? Ci siamo capiti? Bene, anzi, di nuovo male: dove li trovano 80000 euro da consegnare al sistema capitalistico? Presso quelle stesse banche che li hanno affamati? Suvvia, non diciamo corbellerie.
La cifra da versare sarebbe poca cosa (anche perché sarebbe magicamente meno onerosa) se il Paese ripartisse economicamente con produzione e relativi consumi sani, cioè se non ci fossero sprechi folli e “prebende” da favola. Altrimenti perché dovremmo pagare? Per consentire altre speculazioni a chi maneggia il nostro denaro? A nulla vale mettersi a posto la coscienza sbandierando i già citati calcoli statistici: cento piatti di pasta sfamano cento persone soltanto se queste sono corrette o se qualcuno controlla che nessuno ne prenda due o anche tre. Nel qual caso gli sfamati si riducono drasticamente e diventano obesi, mentre gli affamati aumentano, ed è quello che è fatalmente e drammaticamente successo negli Stati Uniti come in Grecia, con le dovute proporzioni e possibilità di recupero.
La vera ricchezza di un Paese è generata dal lavoro, che non è favorito dal sistema, il quale, anzi, è funzionale ad aumentare la ricchezza di pochi (ma sempre troppi) speculatori e usurai anche legalizzati. Insomma, le cose andrebbero meglio se si fosse tutti un po’ più onesti, specialmente se lo fosse chi attinge a piene mani e senza vergogna da ingenti risorse pubbliche.
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NB: il “debito pubblico italiano” in tre anni non è sceso, ma aumentato.
Quindi? Monti? Letta? Renzi?
Carlo Pompei