sabato 29 ottobre 2022

Istoria de bentu e de arresojas


"Giugno che sei maturità dell'anno, di te ringrazio Dio. In un tuo giorno, sotto al sole caldo, ci sono nato io, ci sono nato io." (F.G.)
Stavo bene al calduccio di mia mamma, ma qualcuno mi convinse che era ora di vedere il mondo, e godere del tepore di Giugno, la sorpresa fu che mi si materializzò una giornata ventosa, ventosa all'inverosimile.
E in seguito, dovunque andassi, fossanche lontano dalla mia Terra, cercavo il vento, cercavo colline esposte e dal respiro forte, volli conoscere persino il vento europeo che soffia più forte, "prusu de su entu estu": la bora.
Andai fino in Slovenia per vedere alberi piegati tutti nella stessa direzione.
Non ricordo quasi nulla della mia infanzia, avevo terrore dei carabinieri perchè un giorno, con la mia piccola bici investii un bimbo, che però si rialzò subito.
Mia mamma, che non era mai tranquilla quando disertavo casa mi disse che sarebbero arrivati i carabinieri per accertare i fatti.
Più si cresce, meno gli avvenimenti personali risultano rilevanti, la nostra attenzione passa dalla sfera personale a quella geopolitica.
Ho avuto il mentore delle avvertenze e della pena (mia mamma), il mentore dell'esempio e della crescita professionale (mio babbo), e il mentore della spiritualità e del ragionamento (mio zio sacerdote).
Due volte all'anno veniva da Roma in paese a trovare i suoi, una vicina di casa che chiamo zia Gianna, ogni volta mi portava un libro di letteratura per ragazzi, parte della mia formazione la devo a quei romanzi.
I ragazzi della via Paal, Robinson Crusoe, L'isola del tesoro, I viaggi di Gulliver, Robin Hood, e tanti altri che divoravo e rileggevo.
In età scolare scoprii la passione per il disegno e l'avversione per lo studio di molte materie, fatte salve storia, geografia e italiano.
E quando avevamo la serata libera si andava al piazzale accanto allo zuccherificio per disputare interminabili partite a pallone, oppure monopolizzavamo piazza di chiesa per giocare ad un gioco ormai estinto e dimenticato: il gioco "a bara".
Il gruppo dei miei amici del periodo era composto da una decina di ragazzi, aveva la caratteristica di essere composto da compagni di classe, ed era impossibile farne parte se non dopo una prova, a dimostrazione del fatto che il nuovo arrivato doveva essere dotato di grande coraggio e capacità.
Ricordo ancora oggi la prova a cui io stesso fui sottoposto, nonostante facessi parte del piccolo gruppo originario.
I miei amici, a mia insaputa, trascorsero tutta la serata in preparazione dell’evento, mettendo in atto strategie volte a mettermi paura, esplicitando i rischi che correvo per la mia abilitazione.
Uno di loro, per esempio, raccontò che fu sottoposto alla stessa prova che attendeva me, cioè attraversare il camposanto in una notte senza luna, da solo; fu così che, una volta all’interno, inciampò in un tombino che era parzialmente crollato, e si trovò lungo disteso a far compagnia alle ossa del suo legittimo inquilino, un altro uscì terrorizzato a causa di improvvisi bagliori.
Inoltre avrei dovuto scappare da casa nel pieno della notte, incorrendo in punizioni da parte dei miei genitori, nel caso fossi stato scoperto.
Oltre il coraggio, bisognava avere quindi anche atteggiamenti volti ad eseguire in modo intelligente il compito.
La mia “evasione” avvenne ben oltre il tempo preventivato, in quanto i miei genitori quella notte andarono a letto più tardi del solito, e quando fui finalmente in strada, illuminata in maniera approssimativa, dovetti ricevere i rimproveri dei compagni, ormai stufi di aspettarmi, e decisi a giudicarmi in maniera non proprio favorevole, anche loro avevano rischiato punizioni per la strana uscita notturna.
Ci avviammo verso la periferia estrema del paese, in una notte che diventava sempre più buia, man mano che ci lasciavamo alle spalle gli ultimi lampioni, fino ad arrivare a ridosso di un muro che, viste le nostre stature, ci sembrava incredibilmente alto.
Era il muro di recinzione del camposanto, eravamo arrivati a destinazione, mi aiutarono a scavalcarlo, lo feci senza problemi, ma il salto dall’altra parte era problematico, mi armai di coraggio e con un salto insicuro ero dall’altra parte, ora potevo contare solo sulle mie capacità, dovevo attraversare tutta l’area, a tentoni, e uscire dalla parte opposta, dove mi avrebbero aspettato i miei amici.
Inciampai più volte al buio completo, ma finalmente arrivai a destinazione, chiamai tutti i nomi dei compagni, ma nessuno rispondeva, non mi preoccupai troppo, pensando che volessero ricambiare il favore di averli fatti aspettare in precedenza, e cercai un posto favorevole per scavalcare il muro, al buio scovai un albero quasi addossato al muro, e lo usai come appoggio per un’impresa che senza di esso sarebbe stata impossibile.
Avevo finalmente quasi superato la prova, bastava un altro problematico salto verso la tranquillità, lo eseguii senza danni, ma con la speranza di atterrare in un posto senza ostacoli, visto che il buio era assoluto.
Di amici nel circondario nemmeno l’ombra, mi avviai così da solo verso casa.
Mi aspettavano a un centinaio di metri da casa mia, l’impresa era compiuta.
Il nostro gruppo era uno dei meno numerosi della contrada, perché chi voleva entrare a farvi parte, doveva sottostare al severo giudizio dei componenti, e superare prove impegnative per venirne ammessi, la nostra fantasia veniva usata anche per inventare nuove prove.
Vivevo in una società essenziale, dai bisogni semplici, una civiltà contadina che oggi è disprezzata e derisa, ma che racchiudeva dentro i suoi gesti e le sue peculiarità, una filosofia di vita, ben più positiva dell’andazzo a cui siamo obbligati ad assistere oggi.
Il rispetto dei figli verso i genitori, se pure in presenza di disubbidienze generalizzate, era integra, l’anziano era (e non uso una parola a caso) venerato, e i suoi consigli messi in pratica, i suoi racconti, nei pressi dei portoni delle case, nelle calde sere estive, o di fronte al focolare, erano seguiti attentamente.
La tradizione orale aveva grande rilevanza, e se pure noi ragazzi compivamo qualche marachella, non ci saremmo mai sognati di effettuarla in presenza degli adulti, avremmo ricevuto sonore lezioni se pescati in “flagranza di reato”, mentre così, a volte, riuscivamo a scampare la punizione.
Da buon sardo di quei tempi andati, nelle mie tasche non potevano mancare nè "sa badrunfa" (la trottola), nè "s'arresoja" (il tipico coltello a serramanico).
S'arresoja serviva principalmente non per minacciare, ma per la costruzione di giocattoli o attrezzi.
La mia ha bevuto spesso il mio sangue per imperizia conclamata.
Arresoja e bentu, bentu e arresoja, i miei due compagni di allora e di adesso.
Quando arrivò il momento di iscrivermi ad una scuola dopo la terza media ero convinto di frequentare il liceo artistico, mi ritrovai iscritto alle industriali con indirizzo chimica, una materia per me ostica all'inverosimile, una delle peggiori decisioni della mia esistenza, per giunta imposta.
Il primo anno frequentai più le piazze cagliaritane e i bar dotati di calciobalilla, che le aule scolastiche.
Forse i cinque (che poi divennero sette) anni peggiori.
Alla fine ottenni l'agognato foglio di carta (agognato non da me), ma di lavorare in una industria di veleni non ne volli sapere.
Scelsi l'agricoltura, più precisamente la viticoltura.
Nacquero i miei gioielli Angela e Francesco, is prendas de sa vida mia.
Li dovetti lasciare per dieci anni per dare corso allo sport più praticato dai sardi: il salto del tirreno.
Fu così che finii nel mio primo manicomio, in una terra ostile e ottusa, in terra etrusca dal sapore insipido del pane.
Il mio unico amico di quei dieci giorni di sofferenze era un romeno campione di ginnastica artistica, un giorno lo vidi salire su un container ed esibirsi in un salto mortale spettacolare e ricadere in terra in maniera perfetta.
Fu l'unico bel ricordo del manicomio regionale e precisamente nella contrada che diede i natali a Boccaccio.
I TSO imposti non mi sono mai piaciuti, quelli volontari ancora meno, mi sganciai, superai gli Appennini e approdai in Emilia.
Lavorai per tre anni in una bella azienda con annessa casa di abitazione sia in vigna che in cantina, producevamo tra gli altri un gutturnio a bassa gradazione alcoolica e frizzante all'eccesso, in pratica una buona "birra", ma immensamente più buona.
Un giorno, mentre ero intento a stappare e travasare quel vino mi si scoppiò una bottiglia tra le mani, il risultato furono una quantità considerevole di punti sulla mano sinistra.
Devo dire che nonostante gli emiliani siano considerati gente aperta e "alla mano", con me non hanno legato più di tanto.
Già allora ero un discreto giocatore di scacchi, partecipavo ogni sabato a tornei paesani, ed essendo la mia categoria molto inferiore alle mie reali potenzialità, e stilando le classifiche in base alle categorie, vincevo in maniera sistematica il primo premio che consisteva in salumi, vini, formaggi, e altri premi, a volte anche in denaro, si può dire che la mia dispensa era sempre stracolma di eccellenze emiliane.
La nemesi fu quando decisi di partecipare ad un torneo federale vincendolo, scalai una categoria, e quando partecipavo ai tornei paesani nella mia categoria raramente vinsi dei premi.
Non voglio parlare del motivo per cui abbandonai da oggi al domani quella azienda, ancora oggi ripenso alla mia avventura emiliana con una certa nostalgia.
Da oggi al domani significa che misi in moto la mia macchina in direzione Friuli.
Due giorni dopo stavo lavorando per una azienda prestigiosa, prestigiosa anche in termini salariali.
Sette anni durò la mia permanenza tra quel popolo che considero quantomeno affine al mio popolo.
Personalmente penso che il FVG sia abitato dal popolo più civile dello stivale.
Forse perchè giocavo bene a scacchi, tra le altre opportunità che mi sono state concesse, sono stato accolto in "pranta e'manus" nella squadra locale che allora giocava in serie "C".
"Nonostante Abis" l'anno successivo vincemmo il torneo a squadre e venimmo promossi in serie "B".
Giocavo in terza scacchiera, ma quando era assente il giocatore più forte ottenni alcune volte di giocare in prima scacchiera.
Quella decisione era dettata dal fatto acclarato che avevo limiti e potenzialità per i quali potevo sia perdere che vincere con chiunque, una vera e propria "mina vagante".
Un giorno sentii pronunciare la parola "terrone", non era rivolta a me, ma chiesi spiegazioni.
Mi fu spiegato che tutti i popoli che vivono dopo il fiume Po sono catalogati come terroni, a parte i sardi.
Mi dissero che per i sardi esiste una vera e propria venerazione perchè è un popolo che ha versato il suo sangue per difendere la loro Terra.
"Coi veneti siamo fratelli, con i carinziani siamo cugini, con i sardi siamo grandi amici!"
In sette anni lavorai per quattro aziende tutte di una certa rilevanza, nell'azienda più prestigiosa lavorai per tre anni.
Vigneti, una cantina modernissima, un castello, un grande campo da golf, tre lussuosi ristoranti ed un ancora più lussuoso resort.
La cantina dove riposano i vini migliori è situata in una grande grotta a svariati metri sotto terra che a suo tempo fu usata dall'esercito tedesco durante la seconda guerra mondiale.
E' ancora presente tra i friulani il ricordo del terremoto che fece un migliaio di vittime, è presente la disastrosa tragedia del Vajont, è ancora attiva una espressione che stabilisce la grandezza morale di quel popolo; "Fasim di bessoi", facciamo da noi senza aspettare la manna statale.
Fasim di bessoi per quanto ne so per i friuliani, i giuliani, i carnici, è come Fortza Paris per i sardi.
Istoria de bentu e de arresojas, il vento triestino, i coltelli di Maniago.
Morirò accoltellato, questo è sicuro, per via della mia proverbiale antipatica e urticante sincerità e per l'amore che ho per le lame di coltelli.
Ad un certo punto della mia esperienza friulana fui mandato ad eseguire un delicato lavoro sui vigneti nelle vicinanze delle sponde del fiume Tenna, per la seconda volta conobbi il manicomio.
Lo dicono loro stessi: "è meglio avere un morto in casa che uno di noi che bussa alla porta".
Bisogna però dare atto al popolo marchigiano di essere un popolo particolarmente attivo e ispirato nelle produzioni manifatturiere, fare sistema in maniera intelligente è per loro è una caratteristica rilevante, inoltre sanno fare azienda pur contenendo i prezzi a dismisura.
Allora avevo un camper, mi dovevo recare ad Offida per un torneo federale di scacchi, ebbene, trovai un alberghetto niente male dai prezzi così bassi che mi convinsero ad abbandonare per tre giorni il camper sotto la neve.
Contrada di Offida, inverno di molti lustri fa.
Mezzo secolo fa, ma i ricordi di quella avventura sono vivi in me.
La cittadina è graziosa, raggiunta col mio camper 238 fiat, di antidiluviana memoria, l'ambientazione, racchiusa su territori quasi completamente ricoperti da vigneti, mi trasmetteva immagini medioevali, e il verde dominava dappertutto, interrotto solo da qualche orrenda calanca.
Inoltre Offida è sede di un torneo di scacchi che attendevo da molto tempo.
Dovevo dimostrare, soprattutto a me stesso, quale era il mio valore in quello sport.
Presi l'impegno con il massimo della determinazione, dovevo fare un altro salto di categoria.
Cominciai benissimo il torneo, due vittorie e un pareggio.
Il quarto turno mi mise di fronte ad un giocatore che poteva vantare nei miei confronti ben tre categorie superiori alla mia.
Giocai per il pareggio, cosa che raramente mi capita, ma quel divario troppo evidente mi metteva soggezione.
Infatti uscii dall'apertura malconcio, seppure in parità di materiale, la mia posizione era drammatica, avevo a disposizione pochissimo spazio per poter manovrare, e il mio re era a contatto troppo ravvicinato con i pezzi avversari.
Ma non mi rassegnai ad una sconfitta troppo rapida, e mi impegnai a vendere cara la pelle, mantenni il mio sangue freddo e mi difesi con le unghia e con i denti, come si suol dire.
L'impresa, per il mio avversario, sembrava agevole, ma la mia determinazione e il sangue freddo che generalmente mi viene riconosciuto dai colleghi scacchisti, alla fine prevalsero, e intravvidi un rischioso controgioco (per me e per il mio avversario) che mi avrebbe consentito almeno di ampliare gli spazi di manovra.
Eseguii, dopo breve riflessione, una mossa dettata più dall'istinto di conservazione, che da ponderati ragionamenti, e non solo raggiunsi il mio scopo, ma dopo una sequela di mosse che ancora oggi ricordo come entusiasmante, per via della forza distruttiva dell'azione combinata dei miei due cavalli, lo costrinsi alla resa.
Ricordo ancora il gesto stizzito col quale abbandonò la partita.
Il giorno dopo mi misi a passeggiare, in direzione della sede del torneo, concessa per l'occasione da un gruppo di donzelle che usavano quegli spazi per esercitare la loro passione, eccellenza della cittadina marchigiana, per il ricamo con la tecnica del tombolo.
Ma non di tombolo si parla, si parla di scacchi, e i miei pensieri erano tutti rivolti al quinto turno.
Il caso mi portò a passare di fronte alla sede degli scacchisti offidiani, decisi di entrare e l'immagine che vidi, e che vedo ancora adesso, era la disposizione esatta dei pezzi, riportava la mia partita del giorno precedente.
Tutti, dal primo all'ultimo degli astanti, precedettero il mio saluto, erano una decina di scacchisti, impegnati a commentare la mia partita.
Alla scacchiera erano di fronte il mio avversario del giorno prima, e quello che quell'anno stesso sarebbe diventato il campione d'italia assoluto.
Mi disse che la mia partita era persa, se il mio avversario avesse giocato correttamente, gli chiesi di dimostrarmelo, mi fu ceduto il posto di fronte a lui, e analizzammo profondamente una miriade di varianti, ebbene, nessuna di esse portava alla mia sconfitta, mentre, quando analizzate da loro, decretavano la vittoria senza problemi del mio avversario.
Arrivammo alla sede del torneo, quella decina di persone, con quasi un'ora di ritardo, nessuno di noi avrebbe rinunciato a seguire quella dettagliata analisi della partita.
Proseguii il torneo alla grande, terminai con una sola sconfitta, e per un nonnulla non mi riuscì l'impresa di fare il doppio salto di categoria.
Conservo ancora, gelosamente, il premio ricevuto.
Oggi i miei impegni per il nobil gioco, si sono ridotti drasticamente, la passione che dedico alla lotta per la libertà del mio popolo, ne ha preso il posto.
E per concludere il breve racconto, affermo che, sfruttando una similitudine con quella partita, seppure la lotta per la costituzione dello Stato di Sardegna sembra proibitiva, con la determinazione che contraddistingue i miei amici che condividono la mia stessa sorte e il mio stesso cammino, con la passione che mettiamo nel nostro agire, con le competenze e le eccellenze che ci onorano di essere al nostro fianco, noi raggiungeremo il traguardo, esattamente come feci quel giorno ad Offida.
Una tappa fondamentale per la mia costruzione come individuo pensante fu la frequentazione di un corso para universitario di psicologia, frequentazione che mi consentì di ricevere in seguito un dono inaspettato e graditissimo, Qualcuno aveva deciso di dialogare con me.
E lo guardavo dal basso in alto di molti gradini che ci separavano, ma più che dialogare Egli volle dispensarmi tutta una serie di lezioni e di informazioni che mi sono utili per capire ancora oggi.
Scrissi tutta una serie di articoli sotto Sua dettatura, articoli che ancora oggi rileggo senza averli capiti del tutto.
Il lavoro procedeva bene, il salario era soddisfacente, l'ambiente cosmopolita era altamente formativo e stimolante, due volte all'anno partecipavamo a corsi di aggiornamento professionale che mi sono utili ancora oggi per comunicare a viticoltori sardi esperienze e tecniche per loro del tutte nuove.
Oggi la viticoltura ma soprattutto la tecnica enologica isolana hanno fatto passi da giganti, ma in quel periodo i vini sardi avevano alcune caratteristiche abbastanza sgradevoli che era facile catalogarli come sardi in maniera inequivocabile.
Eppure il miglior vino che ho gustato era un vino sardo, l'enologo era mio babbo.
Lasciò in terra subito dopo averli vendemmiati i grappoli di cannonau, li lascò per quattro giorni al sole forte della Sardegna, la spremitura di quei grappoli parzialmente appassiti concesse un nettare dolcissimo che sarebbe col tempo diventato un vino eccezionale, i miei amici ricordano ancora quell'eccellenza assoluta con piacere.
E se i vini neri sardi oggi si fanno rispettare in materia di qualità, i bianchi friulani sono considerati unanimemente come i migliori al mondo, specialmente quelli della mia antica zona di lavoro, il collio cormonese.
E venne dal continente americano una delle crisi economiche e speculative così importanti che la storia dell'uomo non aveva mai conosciuto nella sua forma devastante.
Le peggiori forme di devastazione vengono per la maggior parte dagli stati uniti d'america, a cominciare dal genocidio dei nativi più aberrante che si sia visto, e proseguire col mito dello stato forte al quale è concesso iniziare tutte le guerre del mondo di qualunque tipo esse siano.
La crisi generata da quei delinquenti si ripercosse su tutto, nella fattispecie il vino non si vendeva più, resistevano a fatica solo i bianchi, le aziende entrarono in crisi e furono costrette a diminuire drasticamente di due terzi la forza lavoro.
In quel periodo lavoravamo in azienda appena dieci giorni al mese, decisi di cercare un'altra azienda, la trovai subito, ma due anni dopo fui di nuovo in Sardegna.
Appena arrivato nella mia terra, visto che mia moglie dalla quale nel frattempo mi ero separato non aveva intenzione di ospitarmi nella mia casa, accettai l'offerta di una stanza da parte di mia mamma.
Il giorno successivo segnò per sempre la mia esistenza, nel bene e nel male.
22,12,2010.
Avevo intenzione di acquistare un televisore da piazzare in camera, e mi recai ad un negozio che disponeva di ampia scelta.
Nelle vicinanze dell'entrata del negozio mi ero impelagato in una rotonda circondato da gente desiderosa di impegnare la tredicesima per l'acquisto di beni non indispensabili.
Sapevo che tutti stavano andando ad acquistare beni inutili e nel mio intimo mi apparivano delle personcine di scarso valore.
Improvvisamente vidi dentro di me, stavo facendo le stesse identiche cose!
Ero come loro!
Sentii un colpo dentro la mia testa, qualcuno dopo aver bussato alla mia mente entrò di prepotenza.
In un attimo capii quello che in tutta la vita non avevo capito!
Tutto mi fu chiaro.
Smisi di preoccuparmi, per esempio, del ritardo di un avviso di pagamento, smisi di pagare tasse, smisi persino di pagare l'energia elettrica visto che la società che gestiva il servizio aveva tentato di truffarmi, e se prima di quella data vivevo abbastanza serenamente e in maniera inconsapevole, dopo acquisita quella che definirei Conoscenza entrai in uno stato di grazia interiore, ma vedevo chiaramente che mai sarei stato felice nemmeno per un attimo.
Penso di poter affermare che in società come quelle occidentali, dove regnano i fetenti, e le decisioni dei potenti sono sempre in sfregio alla gente, non può esistere nè felicità, nè serenità.
Da questo stato di cose si salvano solo gli inconsapevoli.
Il fatto più eclatante si manifestò il giorno successivo e durò per circa due anni.
Mi alzai di buon mattino, spinto da una forza esterna che mi spingeva a mettermi al computer e scrivere, scrivere sotto dettatura.
Quasi ogni mattina era la stessa identica storia, qualcuno (o forse Qualcuno) mi costringeva a scrivere.
In quegli anni sfornai centinaia di articoli con buoni riscontri da parte di chi mi leggeva.
E tra chi mi leggeva c'era un editore di un noto sito di informazione alternativa e un direttore di un ottimo giornale on-line che era stato cartaceo per molti anni.
Scrivevo anche per loro, per chi aspettava i miei articoli, e per la mia gente isolana.
E quando avveniva un fatto che mi gettava nelle tenebre, cioè quando non riuscivo a puntualizzarlo e metterlo a fuoco, interveniva quel Qualcuno che come un faro nella notte mi indirizzava verso il giusto ragionamento e le conclusioni alle quali approdavo mi stupivano e mi rassicuravano sulla corretta interpretazione.
E' successo tante volte, e a furia di ricevere quelle "illuminazioni" così puntuali ed esaustive alla fine la comprensione degli avvenimenti era diventata via via più "automatica".
Notarono i miei testi i componenti del Governo Provvisorio del Movimento di Liberazione dei Sardi, istituzione che rappresenta tutti i sardi, mi invitarono a collaborare con loro e fu così che cominciai a interessarmi di formazione, educazione ed istruzione in vista di un rinnovamento radicale della futura scuola del prossimo, ineluttabile Stato Sardo.
E' inutile lottare per la piena libertà se non si ha un programma attuativo valido di ciascun settore della società della nuova nazione che diventa Stato.
Elaborai concetti di auto-istruzione e auto-educazione seguendo le strade percorse da Steiner, Montessori e Agosti, ma sotto la supervisione di quel Qualcuno che ancora mi stava accanto.
E certo alcuni concetti dei tre personaggi in questione venivano superati e adattati alla realtà etnica così particolare del nostro popolo.
Una delle nostre caratteristiche peculiari è sempre stata la nostra particolarità, anzi la nostra unicità, certamente non dovrà essere chi rappresenta tutti i sardi a omologare secondo dettami italianisti o mondialisti, non permetteremo a nessuno di estinguere la nostra unicità, e nemmeno il nostro più potente collante che è "sa limba".
Senza dimenticare il fatto che siamo colonia di una colonia, e che la narrazione storica che ci riguarda è spudoratamente artefatta, occultata, sminuita e persino ridicolizzata.Ma la storia del nostro popolo fa paura a qualcuno, e quel qualcuno fa di tutto per sminuirla coniando luoghi comuni tipo " i sardi hanno sempre avuto paura del mare" , "un popolo arretrato", "un popolo minore", "hanno DNA da delinquenti e banditi" .
Dal canto nostro dovremmo porci una semplice domanda : "Perchè la narrazione statale che comprende anche utili cattedratici (sardi) e operatori sui siti archeologici (operatori sardi) va verso il disconoscimento della nostra storia e della nostra antica cultura?
La risposta mi sembra semplice :
"La nostra cultura e la nostra storia se acclarate sono in grado di sovvertire questo sistema anche a livello planetario".
Nei libri scolastici osannano un popolo che definiscono fenici, ma dimenticano che i fenici sono i sardi.
E parlano di "civiltà nuragica" come se la nostra storia si dipanasse attraverso un solo millennio di grandezza, la narrazione sulla Sardegna e del suo popolo passa attraverso dodicimila anni di grande storia, storia coeva con la preistoria di quasi tutti gli altri popoli.
Ci dicono che la civiltà occidentale ha radici judaico-cristiane, niente di più falso, la cultura occidentale ha radici sardiane.
Durante il periodo di libertà judicale qui regnava la luce, altrove era buio pesto.
La mia partecipazione al governo sardo provvisorio aveva come obbiettivo l'affermazione della nostra grandezza, sia in periodi di libertà che in periodi di catene.
Catene che cercavano di annullare la nostra appartenenza ad una grande etnia, così particolare che aveva nei suoi geni l'embrione della forza della verità che giocoforza prima o poi si paleserà con tutto il suo impatto dirompente in grado di polverizzare le attuali concezioni mondial-sioniste di queste società occidentali senza raziocinio.
Sotto l'impatto delle nostre esternazioni, pian piano i sardi cominciavano a capire che la verità va affermata e diffusa, che uno stato colonizzatore non può e non deve avere una storia e una cultura inferiore a quelle del colonizzato, e a questo teorema nefasto ci si deve ribellare.
Quel Qualcuno che per molto tempo mi supportava all'improvviso decise che potevo camminare con le mie gambe, e comunicare col mio cervello, e mi abbandonò all'improvviso, salvo farsi vivo qualche anno dopo.
Un giorno mi svegliai e decisi che avevo tante cose importanti da compiere, mi lasciò il tempo di gustare il mio caffè mattutino, poi con forza mi spinve verso la tastiera del computer, aveva un testo di grande importanza da dettarmi.
Il testo che segue viene da Lui, io non ho cambiato nemmeno una virgola.
"Destarsi sereni in una profumata alba di aprile, e fare colazione con una pera colta dall'albero "in comune" di fronte a casa, al suono del luminoso cinguettare degli uccelli, e capire che siamo già dentro a pieno titolo nel nuovo umanesimo del terzo millennio.
Siamo immersi dentro un epocale cambio di paradigma.
Per chi ha occhi per vedere, orecchie per sentire, e intelletto per comprendere, questo è un dato di fatto inoppugnabile.
A volte le catastrofiche devastazioni planetarie sono strumenti voluti e gestiti dalle oligarchie, a volte avvengono secondo il disegno del Divino, a volte sono semplicemente il frutto dell'ineluttabile, quasi sempre preludono a cambi epocali, perchè non sono la genesi, ma la conseguenza.
In quest'utimo caso domandarsi "perchè" e "cui prodest" è inutile.
E' in atto uno scontro senza regole e onore tra le oligarchie, la nuova oligarchia dal volto rassicurante, e le oligarchie sioniste che per settanta anni hanno generato e mistificato quasi indisturbate, la storia e la cultura planetaria.
Di fetension abbiamo abbondantemente parlato in questo sito, ora è venuto il momento (ma non in questo articolo) di ipotizzare la possibile comparsa del dominio dei nuovi illuminati.
La rovinosa caduta dell'invasivo sistema messo in piedi dai sionisti, sistema che poggia su denaro, menzogna e prevaricazioni, oltre che su genocidi conclamati è un fatto certo, bisognerebbe aspettare pochi lustri per capire se sapranno riciclarsi in forme meno delinquenziali.
Bisognerà aspettare e capire, e in questo caso sarà palese nel giro di un anno o poco più, se verrà consolidato o meno il sistema che i nuovi faraoni probabili vincitori, hanno intenzione di mettere in atto.
Queste due possibilità di dominazione oligarchiche, non prevedono in alcun modo decisionalità popolari, ma una terza ipotesi, che jolao ritiene la più probabile, si potrebbe far strada.
Destarsi sereni in una profumata alba di aprile, e fare colazione con una pera colta dall'albero "in comune" di fronte a casa, e godere del luminoso cinguettare degli uccelli, e capire che siamo già dentro a pieno titolo nel nuovo umanesimo del terzo millennio.
Si ipotizza una nuova era dall'impronta luminosa, impronta popolare, impronta gilanica, impronta che in passato ha dimostrato di essere il migliore sistema in assoluto, il sistema delle esedre così presenti e diffuse nell'Antica Civiltà Sarda, sistema meritocratico implementato con decisionalità locali e compartecipate.
Conosciamo i terribili danni che due "istituzioni" usate finora in maniera pessima hanno devastato l'umanità, gli stati e le monete.
E per non correre rischi inutili, queste due "istituzioni" verranno inizialmente abolite, occorre prendersi un cospicuo lasso di tempo per capire se possano essere ri-istituite su parametri completamente dissimili, riguardo agli stati jolao è fortemente scettico, riguardo alle monete il presupposto inderogabile è che siano di proprietà della gente.
Il campo comunica in maniera istantanea e planetaria, la gente non è stupida, è solo disinformata e momentaneamente "bollita come una rana", ma nonostante i graffi nel cielo, le vibrazioni indotte, egregorizzazioni varie, ideologicizzata e dal cervello intriso di scorie, ha ancora l'acume di capire e il coraggio di reagire.
Vogliamo e dobbiamo razionalmente credere che in un attimo, nel segno del Diritto Divino, tutta questa dominazione oligarchica cesserà di botto, in un istante la gente capirà che non abbiamo bisogno di stati, di monete e di dominazioni, che una società delle esedre, società naturale, rurale, meritocratica, compartecipata, è possibile e auspicabile."
Le oligarchie decisero che la gente doveva provare l'indigenza e la fame, fu inventata la "pandemia", venne il carcere domiciliare, per la prima volta si affermò il principio che la "salute" fosse più importante della libertà, furono dette una montagna di fesserie da parte de "lascenza", unico dio in terra che non gradiva essere messo in discussione.
Furono individuati i nemici de lascenza e de lasocietà, derisi e minacciati, emarginati e sanzionati, salvo poi scoprire che le bugie erano da tutt'altra parte.
E venne la guerra in europa, la gente era sempre più povera e spaesata, fetension aveva scelto le strategie juste per tentare di costruire il vertice della piramide.
Ora sono in confusione, Lui non comunica più con me, mi sto solo dedicando a due azioni che reputo juste  quelle che pian piano e da tempo sto compiendo: continuare a comunicare con i miei ormai ridotti mezzi e riempire una capiente borsa di strumenti per sopravvivere al disastro imminente.
Ma non è affatto detto che vincano loro.




 

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