lunedì 23 marzo 2020

Shardinyan Kingdom è pacifista

Shardinyan Kingdom è pacifista, ghandiana.

Le guerre, se di guerre si tratta, si possono combattere in mille modi diversi.

Ce ne sono troppi, di magnifici imbecilli che vedono come unica soluzione "sa gherra", ma se proprio la guerra deve essere fatta, questa deve essere l'ultima opzione, l'ultima ratio, e va combattuta, appunto, con raziocinio, l'odio verso il colonizzatore dei sardi isolani e continentali, e contro chi sceglie altre opzioni pacifiche, offusca la mente, e fa prendere decisioni profondamente sballate. 

Con l'odio cieco l'umanità è riuscita a fare disastri.








Secondo il loro punto di vista i proclami guerrafondai fanno presa sulla gente, e allora è legittimo pensare che essi siano un mero esercizio di plagio, senza positivi sviluppi futuri, se non una visibilità mediatica fine a se stessa.

Proclami nati unicamente dall'istinto.

Un modo come un altro per acquistare visibilità, sanno in tutta coscienza che non può esistere nessun seguito positivo, l’odio genera odio e disastri.

La storia, anche recente, in italy, insegna. 

Farsi illudere da comizi e proclami che citano parlamenti rivoltati come calzini, senza poi effettivamente far niente perchè ciò avvenga, è un modo come un altro per offrire una speranza a chi, altrimenti, cruentamente o meno, si sarebbe rivoltato.

Questi "magnifici personaggi" fanno il gioco del potere, che siano collusi o meno con esso, saranno gli avvenimenti futuri a certificarlo.

Del resto è storicamente risaputo che le rivolte cruente offrono il fianco a vendette nemmeno troppo trasversali del potere, e possono essere soffocate più agevolmente, sia sul lato pratico, ma anche dal punto di vista mediatico e intellettuale.

Allora esiste una sola opzione che si divide in due fondamentali frattali:  decolonizzare  e stampare moneta sarda di proprietà del popolo. 

Altra cosa è il ricorso alla disobbedienza civile e fiscale, il ricorso al diritto internazionale, che impone (o imporrebbe) allo stato colonizzatore, non solo di non ostacolare processi decolonizzanti, ma addirittura di favorirli.

E allora cosa fa, in genere, lo stato?

Se individua dei perfetti idioti, ma con un certo carisma, li spinge ad attuare queste strategie guerresche che fanno comodo solo a lui.

Se invece è gente che ha capito questi meccanismi, e agisce in modo intelligente, e capisce che sono disposti a ingannare il proprio popolo, li paga.

E qui si aprono due frattali, dato che si può pagare in molti modi.

Chi si adegua al sistema, pur essendo patriota, e "gioca" con le sue regole, avrà dei vantaggi, forsanche sedersi in comode poltrone "democraticamente" decisonali.

Stendiamo un velo pietoso sulla parola democraticamente.

Le elezioni non sono mai democratiche, o almeno il sistema fa emergere solo i più scaltri, i meno sinceri, la meritocrazia non paga.

La storia sarda insegna anche questo.

Chi invece non si adegua al sistema, o meglio, fa finta di non riconoscerlo, viene favorito in altri modi.

Questo sta succedendo nell’isola di Sardegna, la gente è affascinata da comizi mediatici che inneggiano alla gherra.

Purtroppo la nostra popolazione non è abbastanza matura da capire che la decolonizzazione si può fare in maniera non cruenta, e sono proprio coloro che scelgono quella pacifica strategia, che fanno più paura al potere.

Lo ripetiamo, il potere non ha paura di pagliacci che inneggiano alla guerra, gente assurdamente istintiva, ma ha paura delle idee e della spiritualità di chi ragiona, di chi riesce a trovare soluzioni non troppo invasive, di chi (anche egli) combatte la sua guerra, una guerra senza armi materiali, una guerra che si appoggia a concetti logici e come abbiamo detto prima, spirituali.

La guerra della ragione e della verità.

La guerra del confronto costruttivo.

Non dobbiamo necessariamente in maniera cruenta buttare fuori dalla Sardegna insulare e peninsulare questo sistema succube delle oligarchie finanziarie, dobbiamo fare in modo di creare le condizioni affinchè il potere non abbia più nessun interesse a "restare" nel futuro Regno di Sardegna, in una parola: emarginarlo, e per questo serve una consapevolezza di popolo che ciò si può fare.

Dobbiamo periferizzare concetti colonizzanti, pensieri e ragionamenti che per secoli ci hanno imposto.

Sarà poi il diritto internazionale che certificherà che un popolo pacifico e intelligente, ha trovato la strada giusta per la sua giusta libertà.

Ma dovremmo essere intelligenti, e isolare chi vuole combattere guerre cruente senza un minimo di costrutto.

La strategia è semplice: abbandonare la loro globalizzazione, le loro elettrostimolazioni assassine, il loro consumismo, i loro paradigmi, la loro scuola che istruisce ma non offre cultura, non bisogna riconoscere la loro cultura, la loro moneta, la loro religione, il loro sistema mediatico e finanziario, le loro nefandezze, tornare a una sana civiltà contadina che benefici di tutti i progressi finora realizzati, e li sviluppi in sinergia con le necessità del pianeta.

Cercare strade alternative a logiche petrolifere, realizzare il regno della gente, tutti legislatori e giudici, tutti che godano e riconoscano le uniche leggi che abbiamo nel nostro intimo, senza bisogno di scritture, il diritto naturale, quello universale, il Diritto Divino.

La storia è scritta dalle idee, dal pensiero, dalle loro diffusioni tra la gente, che deve essere preparata ad assorbirle, e non già dalle risultanze di guerre e trattati.


:Mariano-Abis:

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