Zehava-Dan
Racconto di :Mariano-Abis:
Forse non tutti sanno che non si muore mai.
Si porta a compimento il percorso terreno, e si rinasce in un'altra contrada, o in un altro tempo.
La
notte dei tempi, quelli che i libri di storia non raccontano mai, ci ha
lasciato uno scritto proveniente dalla terra di atlantide.
La
storia ufficiale, quella scolastica, non racconta che esisteva un
popolo che costruiva navi che potevano viaggiare senza bisogno di vele o
di remi.
Non racconta che quel popolo realizzava imponenti costruzioni senza bisogno di attrezzature troppo sofisticate.
Non racconta che pietre enormi, venivano spostate e sistemate da un solo uomo.
Non racconta che nella terra di atlantide esistevano, ed esistono tuttora, ma celati, i giganti.
Non racconta che i resti degli antichi giganti sono stati fatti sparire volontariamente.
Non
racconta che la gente di atlantide conosceva, e conosce, i segreti
dell'energia, dispensata in maniera gratuita, "anche" dal magnetismo
terrestre.
Non racconta che la gente traeva, e trae, energia dal contatto diretto con la terra.
Viveva
in quel tempo il re Dan, al centro di quella terra che oggi chiamano
Sardegna, era un re come tutti gli altri; re esattamente come tutti i
suoi conterranei, in quell'isola, che isola non era, tutti erano re.
Viveva e operava da sovrano di se stesso e della sua terra.
Sovrano e figlio obbediente alla sua terra.
Dalla terra e dalle energie della terra traeva la sua forza, e il suo pensiero progrediva a stretto contatto con la natura.
Quando
portò a compimento la sua esistenza terrena, restò millenni come
ibernato, come sospeso dalla storia e dalla civiltà, che intanto
regrediva.
Tornò
in questa terra in una zona desertica della mesopotamia, là incontrò la
donna che avrebbe dato inizio alla sua discendenza, la bella Wajiha.
Non passarono molti lustri, che il deserto venne trasformato in un luogo vivibile e verde.
Wajiha
e Dan diedero vita ad una discendenza che avrebbe viaggiato per tutto
il globo, alcuni di loro si stabilirono in terra di palestina.
Quella discendenza era destinata a dominare il pianeta intero.
E lo dominava soprattutto con una sua invenzione: il denaro.
Ormai
tutto il mondo riveriva quel ristretto gruppo di semiti, che col tempo,
da una corretta filosofia di vita insegnata loro dai progenitori, passò
ad una scellerata pratica che avrebbe sottomesso tutta la restante
umanità, l'usura.Il capo indiscusso di quella stirpe, colui che
effettivamente poteva decidere, portava il nome di Zehava.
Ora non sappiamo se Zehava fosse la trasposizione di Dan, ma certo delle forti assonanze tra i due esistevano.
I
discendenti di Zehava stabilirono nel pianeta terra dei punti di
comando, ai tempi nostri il centro direzionale assoluto, si trova a
roma.
Da
roma dipendono i centri di londra, riga, astana, washington, mexico
city, malta, adelaide, lagos e shanghai, oltre a tanti altri minori
dislocati in tutto il pianeta.
Oggi quel ramo della discendenza di Zehava e Wajiha viene identificata con il nome di sionista.
Hanno
tutto il pianeta a disposizione, governi, eserciti, religioni, ricerche
scientifiche, atenei, giornali, satelliti, armi, navi, aerei, e
tecnologie che conoscono solo loro.
La piramide che stanno costruendo, è ormai al termine, manca solo il vertice.
Come
una moderna torre di babele, però, stanno incontrando delle difficoltà
per ultimare la costruzione, è come se manchi un tassello fondamentale,
basilare, è come se manchi una intuizione, una idea, una illuminazione.
Per l'ennesima volta, Dan decide di tornare in terra, per fornire loro la soluzione al dilemma.
Fa
capire loro che l'indirizzo materialistico adottato è come fatto di
fragile arenaria, che il tassello mancante si chiama spiritualità.
Fa
capire loro che con la prevaricazione, con il debito, con il dominio
mediatico e fisico, non si può raggiungere il dominio assoluto, fa
capire che il dominio è una parola vuota, che il far parte dell'umanità,
deve essere derivata da simbiosi, da compartecipazione, e non da
intrusioni forzose, fa capire che una nuova era è alle porte, che il
regno del male, che loro hanno costruito, non porta giovamenti nemmeno a
loro stessi.
Fa
capire loro che non serve costruire le piramidi in un deserto delle
menti, se non si ha la volontà di trasformare quel deserto in un nuovo
eden.
Fa capire loro che non tener conto delle proprie radici spirituali, porta alla estinzione morale e materiale.
Dan
è tornato alla sua terra di origine, ormai i sionisti hanno capito che
costruire piramidi di fragile arenaria, non porta all'eternità, e se
proprio vogliono costruire, devono utilizzare pietra dura, pietra
nuragica.
Oggi
i sionisti, finalmente ravveduti, vengono in Sardegna a chiedere
consigli e a prendere ordini, e si prospetta così, finalmente, un futuro
radioso per tutta l'umanità.
Sanno che se sgarreranno ancora per loro non esisterà scampo.
:Mariano-Abis:
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