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venerdì 3 aprile 2015
FRANCESCO ABIS
Francesco Abis, barman a Dubai: “In Sardegna ero sfruttato, qui ho ritrovato il sorriso”
10 aprile 2013 Sardi nel mondo
francescoabis
«La permanenza all’estero mi regala la voglia di alzarmi sorridente la mattina sapendo che, ogni giorno che passa, sistemo un mattoncino per il mio futuro e per la mia carriera professionale». Sensazioni e possibilità che in Italia stano diventando un lusso. Da novembre scorso Francesco Abis, 23 anni, vive e lavora a Dubai come barman e assistant manager. E’ uno dei volti e delle storie dell’ultimo durissimo schiaffo dato all’inconcludente politica nazionale dalla statistica che ha certificato una fuga senza precedenti dei giovani dal nostro Paese. Tradotto in numeri, si è passati dai 60.635 cittadini emigrati dalla Penisola nel 2011 ai 78.941 nel 2012 (dati Aire, Anagrafe italiana residenti all’estero- ndr).
Esodo silenziosamente rumoroso che sta privando l’Italia dei suoi migliori e più giovani talenti; stando alle cifre, infatti, l’incremento maggiore del fenomeno si registra nella fascia d’età compresa tra i 20 e i 40 anni. Originario di Villasor, Francesco condivide l’esperienza umana e professionale con la fidanzata Ilaria «che mi ha aspettato per un anno quando ero in Germania, se non fosse stato per lei, per la famiglia e per gli amici avrei imboccato una brutta strada».
Nella ricchissima città degli Emirati Arabi c’è arrivato grazie alla tenacia di un amico, il manager Luca Pistidda che ha conosciuto a Baden-Baden. Un’esperienza, quella in terra tedesca, maturata casualmente: «Ho risposto a una richiesta di personale che avevo letto su un giornale di annunci gratuiti, dopo una settimana stavo già in Germania; ero da solo e non sapevo la lingua ma ero spinto dalla necessità perché il lavoro da noi cominciava a scarseggiare e la situazione andava peggiorando di giorno in giorno».
La parentesi, iniziata nel 2010, è durata un anno; poi la nostalgia per il mare e per gli affetti ha preso il sopravvento anche se ha cozzato, ben presto, con una realtà avara di opportunità. «La fidanzata, la famiglia e le amicizie mi aspettavano – prosegue Francesco – per cui sono tornato e mi sono impegnato a cercare qualcosa nella mia terra. Ho trovato impiego in poco tempo, sempre nel settore turistico, ma ero mal pagato e facevo turni massacranti. Personalmente devo ancora ricevere i soldi dall’ultimo datore di lavoro. Spesso chi fa la stagione la prima volta perde l’entusiasmo per affrontare l’anno successivo. Oggi lavoro non più di nove ore al giorno con la domenica libera, ovviamente assicurato; nell’isola fai anche quattordici ore e sono capaci di scalarti il vitto e l’alloggio dal compenso quando, inizialmente, te lo avevano proposto gratuitamente. La noia, la frustrazione e l’insoddisfazione hanno rischiato di rovinarmi come è successo a tanti e come, purtroppo, accade quotidianamente soprattutto nei piccoli centri dove l’alcool, la droga e il gioco imprigionano decine di vite».
Di qui la necessità di ripartire: senza rimpianti ma con tanta nostalgia. «La Sardegna penso che sia unica e per un sardo sarà sempre la meta preferita; io torno due volte l’anno, complessivamente per un mese».
Nelle sue parole, l’Emirato non è solo la cartolina patinata della ricchezza esibita: «Qui sei retribuito il giusto anche perché puoi restare solo se hai un contratto regolare altrimenti, dopo due mesi, devi andar via». E’ anche un’opportunità di realizzazione, da cogliere come tante altre in giro per il mondo: «Ai giovani come me, o più piccoli, consiglio di finire gli studi quanto prima, per andare poi fuori dalla Sardegna e farsi un’idea sulle altre culture e gli altri stili di vita. Viaggiare è importante, soprattutto per costruirsi un futuro, per questo dico di non credere alle finte promesse che spesso si sentono in tv. Tuttavia solo chi vuole veramente lavorare e cambiar vita deve compiere questo passo perché trasferirsi altrove, non è uno scherzo. Bisogna avere passione per ciò che si fa e impegnarsi al massimo; le soddisfazioni – conclude – arrivano soprattutto per chi ha voglia di mettersi in gioco».
Giovanni Runchina
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