venerdì 10 aprile 2015

SANDRA, SCACCHI E DINTORNI RACCONTO










SANDRA, SCACCHI E DINTORNI RACCONTO DI MARIANO ABIS



CAPITOLO I



Il palazzetto dello sport era stracolmo di bambini e ragazzi mentre gli spalti brulicavano di genitori e istruttori che sembravano molto più nervosi di loro.

L’impianto sonoro faceva le bizze e non si riusciva a metterlo a punto; si decise di usarlo così perché non si poteva farne a meno e tra fischi elettronici e proteste degli adulti per il disagio, e il divertimento dei ragazzi (che notoriamente accolgono con favore ogni novità, specialmente se è imprevista), gli organizzatori annunciarono l’inizio del torneo.

Io e i miei amici Calabresi, che avevo conosciuto in albergo, smettemmo immediatamente di correre e creare scompiglio tra i tavoli, e ascoltammo quello che gli organizzatori avevano da dirci fino a che non sentimmo i nostri nomi e il posto che avremmo dovuto occupare. 

Quasi tutti raggiunsero il loro posto ed io mi trovai ad un tratto spaesato e solo tra mille sconosciuti.










A questo punto decisi di cercare il gruppo dei ragazzi Sardi per stabilire cosa avremmo dovuto fare. 

Incontrai Donato che a soli sedici anni vantava già un’esperienza di dieci anni nei campionati italiani giovanili.

Per tutti noi, in quella bolgia dell’enorme palazzetto, lui era il nostro punto di riferimento e, quando gli altoparlanti annunciarono di nuovo il mio nome, lui mi afferrò per la maglietta e mi trascinò sino alla mia postazione di “combattimento”, augurandomi il suo “in bocca al lupo”, subito dopo io mi sentii nuovamente spaesato e solo. 

Mi trovai di fronte un ragazzetto molto robusto, di riflesso pensai di essere stato fortunato a dovermi scontrare con lui nella scacchiera e non in una delle tante discipline fisiche.

Si dimostrò gentile con me, ma penso che in cuor suo mi snobbasse un po’, il motivo più probabile era perché dimostrava almeno tre anni più di me. 

“ Mi chiamo Alessandro e tu?” 

“Jolao”

“Ma che nome è?”

“Non so, non l’ho mai sentito addosso a qualcuno nemmeno io”.

Poi, forse per intimorirmi, mi elencò i suoi successi scacchistici.

“Io ho in casa undici coppe, due targhe e tre pergamene, mi sono classificato primo ai provinciali e secondo ai regionali”.

Riuscì nell’intento; non potevo vantare tanti successi e pensai che dovevo chiudermi in difesa per limitare i danni.

Per di più giocavo coi pezzi neri.

“Stringetevi la mano e orologio del bianco in moto”

Gracchiarono gli altoparlanti.

“Buona partita”

“Anche a te.” 

Come avevo previsto Alessandro giocò le prime mosse in maniera molto aggressiva.

La giostra si era messa in moto, ma io avevo l’impressione che non vi ero ancora salito.

Mi trovai subito in difficoltà e per non subire scacco matto persi una torre.

Lo guardai in viso e sembrava molto rilassato, mentre io sentivo che, se avessi perso, non avrei potuto arginare le lacrime che premevano sugli occhi.

Forse era troppo rilassato e fece un errore; riuscii a catturare la regina e dopo un po’ abbandonò la partita.

Mi strinse la mano e vidi due lacrimucce fare capolino sui suoi occhi, seguite subito dopo dalle mie.

Un minuto dopo eravamo già sul piazzale a dare calci a un pallone e le lacrimucce erano già dimenticate.

Pian piano il piazzale si riempì di bambini aspiranti scacchisti, e pensai che avremmo fatto più volentieri i calciatori.

Un gruppo di bambine giocava a pallavolo.

Nel palazzetto giocavano ancora i ragazzi più grandi, la qual cosa (mi fece notare in seguito il mio istruttore) avrebbe dovuto farmi capire che dovevo sfruttare tutto il tempo che avevo a disposizione.

“Ma ho vinto” protestai.

“Ma ora dovrai incontrare un bambino che ha vinto come te, quindi, per favore, sfrutta tutto il tempo”.

Sicuramente non diedi troppa importanza al consiglio, tanto è vero che la sera, dopo solo mezz’ora dall’inizio della partita, stavamo dando i tradizionali calci al pallone.

Avevo conosciuto bambini di quasi tutte le regioni italiane, ho fatto amicizia in particolare, con un folto gruppo di bambine e bambini che provenivano dal friuli.

Avevano quasi tutti i capelli chiari e lisci, solo una bambina della mia età li aveva ricci.

Le due partite del giorno seguente non ebbero maggior durata.

Rientrai in albergo con mio padre che sembrava tranquillo, nonostante avessi perso gli ultimi tre incontri.

Mi propose di uscire la notte per una pizza, (di cui andavo ghiotto) il che mi stupì molto, come se ciò fosse stato un premio.

Ma di fronte alla pizza fumante mi attendeva una brutta sorpresa.

“Domani rientriamo a casa”.

“Ma devo ancora giocare cinque partite!”

Mi guardò negli occhi e mi disse che se volevo giocare delle partite senza impegno, avrei potuto farlo anche in sardegna.

“Ma papà adesso siamo qua, fammi terminare il torneo”.

Adesso sì che le lacrime mi solcavano il viso; non potevo certo abbandonare i campionati italiani, e tutti i bambini che avevo conosciuto.

Ma mio padre non si spostava di un millimetro da quello che aveva deciso.

“Ma papà perché , perché….” 

Avrei dovuto lasciare le nuove amicizie che mi ero conquistato, in particolare i compagni d’albergo Calabresi e il gruppo di bambini Friulani coi quali mi sono trovato bene.

E non avrei rivisto le splendide colline delle marche macchiate dal giallo del colza e del girasole, che si mischiava col verde dei vigneti, e il mare di porto san giorgio, un po’ meno colorato, ma pur sempre affascinante per un bambino di sei anni.

“Domani andiamo alla stazione, facciamo i biglietti per roma, e poi in nave verso casa.”

Avevo capito che non sarei riuscito a convincerlo, ma provai un disperato tentativo:

“Perché mi punisci così solo per aver perso le ultime tre partite?”

“Vedi Jolao , ho visto che non ti sei impegnato abbastanza, avevi troppa fretta di terminare le partite, per andare a giocare a pallone…..ti chiedo qual è il motivo per cui siamo qui, non certo per giocare a pallone!” e proseguì:

“Sei troppo piccolo, forse, per capire che se decidi di iniziare qualunque cosa, devi cercare di portarla a termine nel migliore dei modi e col massimo impegno.”

“Io mi sono impegnato, ma i miei avversari erano più forti, ho perso per questo!”

“No , non hai perso per questo; come mai i ragazzi più grandi finiscono la partita molto tempo dopo di voi? Loro non hanno fretta di giocare a pallone, sono venuti qui per giocare a scacchi”.

Sulla strada voci conosciute, erano alcuni dei giocatori Sardi con gli istruttori, tra cui il mio….. si avvicina, mi vede in lacrime, si siede accanto a me e chiede spiegazioni.

Pensai che forse mi avrebbe aiutato a convincere mio padre, ma dopo la sua breve spiegazione capii che anche lui non era dalla mia parte.

Dovevo fare l’ultimo tentativo.

“Papà, fammi terminare il torneo, ti prometto” dissi singhiozzando “che userò tutto il tempo e mi impegnerò al massimo.”

L’intervento del mio istruttore e di Donato convinse mio padre.

Vinsi quattro partite di fila, pareggiai l’ultima e mi classificai alla fine del torneo molto bene.

Salutai gli amichetti, tre dei quali erano contentissimi perché avevano tra le mani una coppa, ma non così grandi come quella del nuovo campione italiano under sedici: Donato!

E mentre stavamo andando via, qualcuno propose un’ultima partita a pallone per il pomeriggio.

Dopo pranzo il piazzale era affollato da una cinquantina di bambini ed ebbe così inizio una colossale partita.

Rientrato in albergo ero stanchissimo, forse dormii più di dieci ore di fila.

Ripensandoci, ancora oggi, ricordo che in classifica dietro di me c’erano bambini molto più grandi di me, e ricordo con orgoglio quei giorni e a quanto sia stata importante l’esperienza marchigiana.

Friuli, cormons.

Jolao e Sandra.

Un bel divano comodo, la tv accesa, lei accanto, un bicchierino di Pelinkovez.

La cena a base di frico e pollo alla diavola che avevamo consumato nella più antica trattoria di udine, era stata di nostro gradimento.

Che bella invenzione il friuli! Mi piace tutto di questa terra, della sua gente, delle loro tradizioni, 

così simili alle nostre, il loro amore per l’agricoltura, i loro luoghi intinti da centomila tonalità di verde.

Mi piace il loro “fasim di bessoi” ( facciamo da noi ) che non è molto diverso dalla nostra tenacità e dal nostro individualismo collettivo.

Si, perché quando le contrarietà della vita bussano alla porta, sappiamo anche noi mettere da parte i nostri piccoli interessi personali e metterci a disposizione di chi ha bisogno di aiuto.

Certo il friuli ha dimostrato , con la tragedia del vajont , la catastrofe del terremoto e le innumerevoli invasioni che la storia le ha riservato, che il bene comune è più importante del bene personale.

Sono passati quindici dalla mia controversa e splendida esperienza delle marche.

Ho partecipato altre volte ai campionati italiani giovanili, ottenendo per lo più buoni risultati, ma non sono mai riuscito a conquistare il titolo italiano.

E ora, che sono candidato maestro, tento la grande avventura in un importante torneo internazionale in slovenia.

Mi è di grande aiuto Sandra, molto più forte di me, anche lei a caccia del titolo di maestra.

Le interminabili partite, supportate da programmi informatici, per sperimentare nuove strategie di gioco, ci portano ogni notte ad andare a letto solo e sempre dopo la una.

Droga allo stato puro, gli scacchi!.

Decidiamo, per il giorno successivo, vigilia dell’inizio del torneo, di evitare scacchi e scacchiera e dedicare la giornata a una gita per visitare alcuni luoghi tra i più significativi del friuli.

Visitiamo la diga del vajont, le cittadine di maniago, spilimbergo e san daniele, il fiume tagliamento, e poi le zone più colpite dal terremoto, tra cui la carnia e gemona.

Qua e là vediamo le case in legno costruite per fronteggiare l’emergenza alloggi dopo il disastro.

Poi il ritorno a cormons; sembra che la parola “scacchi” sia un termine sconosciuto: non l’abbiamo pronunciato nemmeno una volta in quella faticosa giornata.

A mezzanotte siamo già nel mondo dei sogni.

Il giorno dopo la sveglia suona alle sette e come per incanto sulla mia mente si materializzano alfieri, cavalli e torri, schemi di gioco, l’incubo dei pedoni avversari che minacciano i miei pezzi, la regina avversaria , minacciosa e imprevedibile come i cavalli.

E’ come se una giostra si mettesse in moto e mi trascinasse con sé.

Come in una battaglia devo subire l’attacco di artiglieria degli alfieri, le incursioni dei cavalli, l’imprevedibilità dei pedoni, così forti a dispetto di ciò che si pensa comunemente, e la potenza delle torri che come carri armati cercano di sfondare le mie linee.

E cosa dire di sua maestà la regina!

E’ obbligatorio mettere al sicuro il re.

L’incubo si dissolverà solo quando vedrò nella realtà i miei pezzi disposti per arginare gli attacchi avversari.

Molte volte, (per istinto di conservazione) vediamo pericoli che non esistono nell’immediatezza, ma solo in prospettiva, forse fra dieci o quindici mosse potrebbero diventare reali.

Ma non gioca solo il mio avversario, gioco anch’io.

Molte volte, paradossalmente, capita che si riesce a vincere, proprio quando la sconfitta sembra più vicina, quando siamo sull’orlo di un burrone, basterebbe una piccola spinta, e amen

Molte volte è sufficiente spostarsi di un passo, e l’irruenza dell’avversario lo porterà a non trovarsi più la terra sotto i piedi.

Ci facciamo coraggio a vicenda, saliamo in macchina e ci dirigiamo verso gorizia, colazione , e infine l’arrivo a nova gorica, in tutto abbiamo percorso meno di venti chilometri.

Arriviamo alla sede del torneo; tante luci, scacchi, scacchiere e orologi da torneo, disposti in perfetto ordine geometrico , quasi come un quadro optical-art.

Provo a fissare intensamente il susseguirsi di tavoli e sedie e vedo una prospettiva irreale , che si infrange contro uno schermo gigantesco che emana una luce surreale.

E’ il maxi schermo che serve a far vedere al pubblico presente in sala, in tempo reale, tramite una telecamera, le partite delle prime scacchiere o le partite che eventualmente vengono giudicate più interessanti o significative.

I pezzi, disposti in posizione iniziale, così organica e quieta, sono in posizione di riposo.

Come la quiete prima della battaglia.

Dopo venti mosse , certo non si potrà dire lo stesso…. Un caos controllato regnerà sovrano, una piccola mossa potrà variare gli equilibri, una piccola distrazione potrà trasformare la scacchiera in caos puro, incontrollabile, schemi di gioco non più realizzabili, e i pezzi sembreranno non più disposti in precaria armonia, ma come buttati là, fini a se stessi, fine della sintonia, fine della sinergia, e infine nemesi.

Alle nove in punto partono gli orologi.

“Mossa al bianco, due ore e mezza a disposizione di ciascun giocatore e buon torneo a tutti”.

Toh, finalmente un impianto di amplificazione che funziona alla perfezione!

Certo è, che dopo qualche ora di tensione, di concentrazione esasperata, cercando di ottimizzare il tempo che si ha a disposizione, qualche errore può sempre capitare anche a giocatori di grande esperienza.

Si pensa che gli scacchi non siano uno sport , ma semplicemente un gioco; niente di più falso!

La capacità di tenere la concentrazione per lungo tempo, anche per cinque ore e più, prerogativa di questo sport, penso non esista in nessun’altra competizione.

Esistono inoltre sport che, se pure uno dei contendenti commette un errore, molte volte si ha la possibilità di recuperare col talento o la determinazione; a scacchi non è così: generalmente un errore determina la sconfitta.

Un calciatore può sbagliare un passaggio o un tiro, e la palla può passare sotto il controllo degli avversari, ma il più delle volte ciò non porta a un danno irreparabile.

Si continua a giocare a punteggio invariato, ci sarà in seguito la possibilità di ricominciare daccapo, senza conseguenze.

A scacchi, e in pochi altri sport, un errore grave, tra giocatori di livello simile, porta certamente alla sconfitta.

Il risultato più probabile tra avversari di pari forza è il pareggio.

Se uno dei due contendenti è costretto a vincere, deve far leva sulle sue doti di autocontrollo, sulla conoscenza dello stile di gioco dell’avversario, su una sua sottile valutazione psicologica, e su tanti altri fattori che condizionano il rendimento dell’avversario.

Mentre negli altri sport un gesto atletico può avere risultati buoni o cattivi , nel nostro sport si deve decidere continuamente quale sia la mossa più forte, cioè mi spiego meglio: ho un problema sulla scacchiera, lo posso risolvere in molti modi: in modo sufficiente generalmente non basta, bisogna continuamente fare il meglio che si ha a disposizione, non solo, ho anche una possibile altra opzione: posso non risolvere immediatamente il problema, ma creare difficoltà , magari in un altro settore della scacchiera, per distogliere l’avversario dalla sua linea di gioco, in quel caso le mosse successive decreteranno chi è riuscito a vedere più in la’ (anche dieci o quindici mosse) coi pezzi disposti diversamente, e forse con qualche pezzo in meno; in quel caso è necessaria una forte memoria visiva.

Certamente gli scacchi hanno una forte attinenza con la matematica, con la razionalità, con uno schematismo geometrico, ma non si tratta solo di questo: decine e decine sono le variabili, alcune delle quali hanno poco a che vedere con la razionalità, e molte volte siamo chiamati anche a doverci fidare del nostro istinto.

Uno sport estremamente complesso quindi, ma se si parla esclusivamente di “tecnica scacchistica” ecco, allora si può dire che basterebbero conoscenze matematiche

Tra gli allievi che ho avuto, i più ricettivi erano studenti che avevano un rendimento in matematica più che buono, ma gli allievi che hanno ottenuto alla lunga i migliori risultati , hanno fatto leva sulla determinazione, sulla voglia di apprendere, sulla costanza, su un pizzico di umiltà, e su tante ore dedicate allo studio degli scacchi sui libri e, perché no, anche su programmi informatici che non demonizzo.

Mentre penso a queste problematiche, (cosa che faccio spesso prima di ogni torneo importante) mi accorgo che il mio avversario ha già mosso: mossa di due passi del pedone di re, devo decidere come rispondere.

Ho deciso: pedone c6 , una difesa tranquilla, per ora……

Mossa dopo mossa, la posizione dei pezzi porta ad un pareggio, ci stringiamo la mano, mezzo punto a ciascuno.

La sera gioco col bianco , con un avversario della mia stessa categoria, ma con un punteggio internazionale leggermente superiore al mio, alla fine un altro pareggio.

“Jolao, quanti punti hai?”

“Uno, e tu?”

“Uno e mezzo.”

Sandra era raggiante.

“Una vittoria e un pareggio non sono male.”

“Concordo, ma domani dovrai giocare con un avversario che ha i tuoi stessi punti, sarà dura.”

“Eh” risponde lei, ”dato che siamo in ballo, balliamo “.

“Tu sai qual è il mio obiettivo”.

Il mio torneo è iniziato in modo tranquillo, mentre il suo promette scintille.

Ore sette, la sveglia ha suonato una melodia e non il solito gracchiare, mi sento bene, non sono teso.

Doccia e via, super colazione in un antico bar di gorizia, facendo scorta di zuccheri per i nostri neuroni, che oggi devono funzionare alla perfezione.

Lo schermo gigante segue l’intensa partita di Sandra, che gioca con un maestro internazionale, e non posso fare a meno di seguire anche la sua partita.

La posizione dei miei pezzi e di quelli del mio avversario è abbastanza simmetrica e non richiede grandi analisi, ma la partita di Sandra è complicatissima.

Tutto è appeso a un filo. 

Alla fine riesco a pareggiare, mentre Sandra risolve la partita con un brillante scambio di pezzi, e si ritrova in vantaggio nel finale.

L’ avversario avrebbe ancora potuto combattere, prolungando la partita, ma preferisce abbandonare.

D’un tratto, il pubblico, composto per lo più da appassionati di scacchi, comincia ad interessarsi alla mia ragazza, qualcuno cerca di scambiare due parole con lei, che, lo si vede in viso, è molto soddisfatta della “performance”.

Non so quanti caffè ci hanno offerto pur di entrare in contatto con lei.

Pranziamo con alcuni amici di cormons e gorizia, uno dei quali, arrivato in ritardo per seguire gli abbinamenti del prossimo turno, ci comunica che Sandra avrebbe dovuto giocare con un forte e conosciuto maestro internazionale del centro europa.

“Una brutta gatta da pelare” sentenzia qualcuno.

“Giocherai col bianco in seconda scacchiera” dice l’ultimo arrivato,

“Cercherò di giocare l’apertura italiana.”

“Te lo sconsiglio” tuona un amico di gorizia.

“Ho già giocato contro di lui l’apertura italiana e mi ha “asfaltato”.”

Che strani termini usiamo!

“Mi ha insidiato la donna”

“Mi ha fatto una forchetta.”

“Ho dovuto strisciare per tutta la partita.”

“Mi ha inchiodato il cavallo.”

“Ho dovuto subire un’infilata”

Sono termini che puntualizzano con precisione una posizione sulla scacchiera, che altrimenti avrebbe bisogno di molte parole per poter essere spiegata.

“Ti consiglio di aprire di donna” dice un amico di cormons, che conosce il suo stile di gioco per averci giocato con alterne vicende.

Alla fine concordiamo sulla sua linea di apertura.

“Cerca di indirizzare il tuo avversario a giocare semplicemente l’apertura di donna , ho notato che è molto forte nella difesa “Pirc”.

Una lunga passeggiata rilassante, e finalmente posso avere Sandra tutta per me.

Valutiamo la sua posizione in classifica, e concordiamo che basterebbe un pari ora per scalare in seguito la classifica.

Il maxi schermo, neanche a dirlo, segue esclusivamente il match in seconda scacchiera, eppure in prima, terza e quarta scacchiera giocano ben quattro grandi maestri!

Evidentemente il pubblico ha gradito assistere alle enormi complicazioni della partita precedente, e ha eletto Sandra loro eroina.

Penso che qualcuno guardi anche me con una punta di invidia.



CAPITOLI II



Sandra è una bella ragazza, con uno sguardo cristallino e con un sorriso coinvolgente, con quei capelli mossi, alcuni dei quali le cadono sulla fronte.

Con quegli occhialini così azzeccati che, quando li toglie , sembra un’altra persona.

Con quella sua capacità di sintesi nello spiegare, la sua assertività, così spiccata da non lasciare dubbi sul suo pensiero, qualsiasi argomento tratti.

Parliamo spesso di cinema , di fumetti, di teatro e di arte.

Abbiamo in comune la passione per la grafologia, certe sere trascorse con amici finivano con l’analisi della scrittura, che portava spesso ad accese discussioni.

“Ma io non sono come mi descrivi tu”

“Forse, ma queste sono le nostre conclusioni.” 

“Non stiamo parlando di una scienza esatta”

“Infatti è una scienza sperimentale.”

E noi giù a riportare esempi di situazioni vissute dal capostipite della grafologia italiana, Moretti, e dalle sue conclusioni in ambito psichico, sociologico e persino anatomico.

Raccontare i segni lasciati sul foglio, la loro inclinazione, grandezza, spazi, pressione della penna, curvature eccetera, sono condizionati dall’influenza che ha su di noi il complesso di Edipo

Cose così astratte da non poter essere spiegate in poche parole.

La generosità, l’avarizia, certe inclinazioni, la spiritualità, l’immaginazione, il sogno, le aspirazioni, la progressione e la regressione, l’amore o meno per se stessi e per gli altri e centomila altri aspetti persino fisici e anatomici del nostro corpo e della nostra personalità, sono conclusioni che appaiono facili da esprimere ad un esperto grafologo.

Sandra imposta la sua quarta partita giocando in modo ordinato e senza correre troppi rischi, solo a un certo punto, a centro partita, si trova in leggera difficoltà, ma ne esce bene e riesce a incanalare la partita verso un tranquillo pareggio.

Mi accorgo che il pubblico resta un po’ deluso da come Sandra ha condotto la partita, ma a lei va bene così.

Resta nella parte alta della classifica, e sicuramente prima o poi avrebbe incontrato un grande maestro, il che le avrebbe consentito di conquistare (per uno strano meccanismo di punteggi internazionali) almeno la speranza di poter fare il grande salto di categoria.

Io dal canto mio vinco il mio incontro senza grossi problemi per via di piccole inesattezze che il mio avversario ha commesso nel finale di partita.

Sandra ha vinto due partite, due le ha pareggiate, e con tre punti viaggia ancora nella parte alta della classifica mentre io , con due punti e mezzo sono lì, in buona posizione, ma devo ancora giocare una partita significativa, fase che lei ha abbondantemente superato.

Il titolo di maestro è alla portata di entrambi, siamo fortunati a “pescare” due maestri.

Il quinto turno di gioco mi vede soccombere per un errore di valutazione commesso nelle prime dieci mosse.

Dopo solo un’ora di gioco avevo già perso.

Non voglio parlare di questa partita nata storta e finita peggio

Sandra , dal canto suo, conquista un altro mezzo punto, e con esso un gruppo di ragazzini appassionati di scacchi, che dicono di essere suoi fans.

La mia posizione in classifica si aggrava improvvisamente, e con due punti e mezzo in cinque partite, devo uscire in fretta dal torpore agonistico che mi attanaglia.

Quasi per caso, ripenso ai miei primi campionati italiani giovanili, e alla pessima posizione iniziale di classifica in cui mi ero venuto a trovare, allora come adesso.

Ricordo gli occhi celesti di mio padre che mi diceva:

“Domani rientriamo a casa.”

Un nodo in gola mi infastidisce, ma allo stesso tempo ripenso alla determinazione che riuscii ad esprimere.

Sandra ha tre punti su cinque e la fortuna le viene incontro con la sfida che deve affrontare: in quarta scacchiera è già seduto un uomo piuttosto robusto, rosso in viso, sessant’anni circa, dai tratti somatici può essere un Tedesco o un Austriaco.

Ma la sua nazionalità non ha nessuna importanza; è un grande maestro che in classifica tiene il passo dei primissimi, infatti ha mezzo punto più di Sandra.

Per lui è fondamentale vincere, mentre Sandra deve assolutamente non perdere.

In prima scacchiera giocano due grandi maestri, ma gli organizzatori decidono di seguire prevalentemente la partita di Sandra.

Ormai il pubblico apprezza il suo brillante stile di gioco.

Uno stile di gioco corretto certo non basta a tener testa a un così forte avversario, ora è giunto il momento di tirar fuori tutto il suo talento.

Gioca una partita inglese, e tra la soddisfazione generale riesce a complicare talmente tanto il gioco, che la sua freschezza mentale e atletica alla fine prevale.

Ha vinto quella partita perché ha dimostrato una capacità di analisi superiore.

Mi confida che a un certo punto non è riuscita a valutare a fondo la situazione e ha giocato un paio di mosse d’istinto.

Tanto si potrebbe dire sull’impostazione strategica e mentale tra maschi e femmine, io penso che il loro cervello funzioni diversamente dal nostro per via di certi meccanismi differenti.

Secondo me hanno un grosso vantaggio su di noi, quando decidono di usare l’istinto, negli scacchi come nella vita, il più delle volte non sbagliano.

Io da parte mia mi aggiudico un punticino con un prima nazionale e mi porto a tre punti e mezzo in sei partite mentre Sandra ha un punto più di me.

Per me non è ancora suonata la sveglia e questa vittoria non può certo rassicurarmi.

Sandra invece, dall’alto dei suoi punti è in terza posizione a pari merito con altri.

Ci ritroviamo, un’ora dopo, alla sede del circolo di cormons per commentare con gli amici gli ultimi avvenimenti.

E dato che siamo in periodo natalizio non possono mancare un paio di panettoni e qualche bottiglia di ottimo vino friulano.

I complimenti per Sandra si sprecano.

“Ma dove vuoi arrivare?”

“Se continui così vincerai il torneo!”

“Mai si è visto un candidato così in alto in classifica!”

“E poi una donna!”

“Sono al settimo cielo!”

Il giorno dopo la vede giocare in terza scacchiera contro un maestro mentre io gioco con un candidato.

La posizione di Sandra si fa preferire per tutto il corso della partita e gioca il finale con un pedone in più.

Dato il suo stato di forma confido in una sua vittoria, ma così non è.

Si deve accontentare di un pareggio che la porta a cinque punti in sette partite.

Quella è stata un’occasione sprecata; che il suo stato di grazia sia terminato?

Io gioco la mia solita, scialba partita senza scossoni e il risultato non può essere che un pareggio.

Ho quattro punti in sette partite e viaggio a centro classifica.

Solito pranzo con gli amici, solito ritardatario che ogni giorno non può fare a meno di seguire gli abbinamenti.

Stavolta arriva quasi correndo, mette una mano sulla spalla di Sandra, e dice:

“Devi giocare col grande maestro russo che è in testa alla classifica!”

Lo dice così forte che sentiamo un improvviso brusio provenire dai tavoli accanto.

Una vecchia, magrissima signora, sugli ottant’anni, si alza a fatica dalla sedia, bastone in mano, e guardando Sandra attraverso un minuscolo paio di occhialini dorati le dice:

“Dacci dentro figliola, lo puoi battere!”

Offre il pranzo a tutti, i gioielli che porta addosso testimoniano che per lei è una piccola spesa..

Ci dice che ha una dozzina di nipoti e pronipoti e ci propone un corso di scacchi per loro.

Accettiamo di buon grado; la sua splendida villa di gorizia sarebbe diventata per qualche tempo una scuola-scacchi.

La telecamera non perde un istante del match-clou in prima scacchiera, che avrebbe potuto decidere, già al penultimo turno, l’esito delle prime posizioni.

Io gioco col bianco in decima scacchiera contro un forte maestro internazionale.

Le speranze per me e Silvia sono a dir poco scarse.

Dopo quattro ore di gioco, tuttavia le nostre posizioni non sono male.

Ci si avvia al finale di partita, che è la fase più insidiosa per noi che siamo al di sotto di due gradini dei nostri avversari.

Infatti la stanchezza gioca un brutto tiro a Sandra…… esegue una mossa così debole che in un attimo non si trova più la terra sotto i piedi e precipita nel burrone.

Una mossa così sbagliata che da tutta la sala si leva un coro di “Noooo!” assordante e sgradevole.

Sandra non ha retto alla tensione; stringe la mano al suo avversario e abbandona la partita con un sorriso.

Io intanto non sono affatto in difficoltà, anzi la mia posizione si fa preferire, provo in tutti i modi a vincere, ma non mi posso scoprire troppo perché se dovessi fare una mossa azzardata, certamente verrei punito.

Ho un pedone in più a lato della scacchiera , ma non posso promuoverlo a regina.

Ho pareggiato con un maestro internazionale per la prima volta, un risultato prestigioso, eppure non riesco a descrivere il mio stato d’animo, così contrastato tra gioia e rimpianto.

Tra me e Sandra c’è a questo punto solo mezzo punto di differenza a suo favore e gli abbinamenti potrebbero essere crudeli.

C’è il rischio di dover giocare l’uno contro l’altra.

Fortunatamente ciò non accade, giocheremo contro due maestri internazionali del centro europa dai nomi impronunciabili.

La notte riesco a prendere sonno molto tardi, dormo solo tre ore , mentre Sandra se la dorme beata con un leggero sorriso sulle labbra.

Certo, deve fare un ultimo sforzo per non vanificare i buoni risultati ottenuti, ma può dirsi soddisfatta, mentre io non ho avuto grandi picchi di rendimento.

Non ho dimostrato talento, solo mestiere, concretezza, e capacità di controllare la tensione fino alla fine.

Sandra invece ha dimostrato talento, inventiva e coraggio.

Mi sveglio più volte durante la notte, non sono tranquillo.

Chi gioca a scacchi in maniera non agonistica, non può immaginare lo sforzo fisico e mentale a cui siamo sottoposti durante un torneo.

E non può capire il senso di frustrazione cui andiamo incontro durante un torneo portato avanti al di sotto delle nostre capacità.

Non bisogna solo “saper giocare”, c’è ben altro.

“Sveglia , sveglia Jolao! Siamo in ritardo!”

“Ma ha suonato la sveglia?”

“Sveglia , sveglia, sono le nove !”

“Eh? Ma allora sta iniziando l’ultimo turno!”

“Via via ….vestiamoci e subito in macchina!”

Dieci minuti dopo siamo appena partiti, altri dieci minuti e stiamo varcando il confine di “casa rossa”.

Con un certo nervosismo ho visto sfilare il bar in cui ogni mattina facevamo colazione.

Arriviamo alla sala del torneo in fortissimo ritardo, in sala c’è un silenzio “scacchistico”, si sente solo il tichettìo degli orologi.

Dobbiamo giocare la partita con poco più di un’ora e mezza a disposizione.

Sandra, come suo solito, per poter recuperare lo svantaggio di tempo, cerca subito di complicare il gioco, pur movendo abbastanza rapidamente.

Ha i bianchi e per lungo tempo ha lei l’iniziativa.

Mentre il suo avversario deve calcolare ogni singola variante, lei si affida al suo istinto femminile, recuperando così parte dello svantaggio di tempo.

Esegue continuamente mosse aggressive, costringendo per tutta la partita il suo contendente a tenersi sulla difensiva.

Quando manca mezz’ora alla fine della partita, ha conquistato molto spazio per i suoi pezzi, inoltre ha recuperato quasi tutto il tempo che aveva di svantaggio.

Psicologicamente ha già vinto , e ben presto minaccia di promuovere a regina il suo pedone più avanzato.

Il suo avversario, per difendersi, ha bisogno di tempo, mentre Sandra esegue le sue mosse automaticamente.

Alla fine vince conquistando il sesto punto, e riuscendo a superare, seppure con lo stesso punteggio, due grandi maestri.

E’ quarta assoluta e il titolo di maestra è sicuro.

Essendo la scacchiera di Sandra vicina alla mia, ho potuto seguire di sfuggita la sua partita.

La vedo avvicinarsi alla mia postazione di gioco, con uno sguardo le faccio i complimenti e lei mi risponde con il più sfolgorante sorriso che le abbia mai visto, poi con un cenno della testa mi invita a guardare la mia scacchiera.

Per recuperare il gap di tempo ho scelto esattamente la strategia contraria a quella messa in atto da Sandra.

Il mio avversario ha aperto movendo di due passi il pedone di re, ed io ho scelto una difesa tranquilla spingendo di un passo il pedone c.

Il gioco si è sviluppato secondo schemi noti, che non richiedono analisi troppo complicate.

A centro partita abbiamo cambiato tre pedoni, un cavallo e un alfiere ciascuno.

Ho una certa superiorità sulla destra mentre soffro un po’ sulla sinistra della scacchiera.

Ciò che mi preoccupa è la pressione che la donna in c2 e la torre in h4 esercitano sul pedone h7 di fronte al mio re.

Inoltre ho una torre in e8 attaccata da un alfiere.

Una rapida analisi e nella mia mente si insinua il dubbio che la mia posizione non è delle migliori.

Inoltre sul mio orologio restano solo dieci minuti.

Ho un unico vantaggio: spetta a me muovere.

Dedico altri tre minuti ad analizzare un’idea “malsana” che mi è venuta.

La eseguo.

Sacrificio di donna sulla torre h4, e apertura della colonna g controllata dalla mia torre di fianco al re.

Il re bianco ha solo due case a disposizione per potersi muovere : h1 e h2.

La casa h3 è occupata da un suo pedone, come pure la casa h4.

Secondo sacrificio , questa volta di torre sul pedone e4.

Ora i problemi sono tutti per il mio avversario.

Come si suol dire avevo gettato il cuore oltre il fosso.

Non so se le mie ultime due mosse siano corrette, il fatto è che il mio avversario ha utilizzato molto del suo tempo per decidere di catturare la mia torre col cavallo in d2.

Cambio il cavallo col mio e sbarazzo la grande diagonale bianca, controllata dal mio alfiere.

Se il bianco si salva dallo scacco matto ho perso la partita.

Io ho a disposizione i miei pochi pezzi rimasti, mentre il bianco ha una torre e un alfiere fuori dal gioco.

Ora la mossa spetta al bianco.

Altri dieci minuti per analizzare la nuova posizione.

Il suo orologio segna solo due minuti di tempo , il mio cinque.

Muove in fretta, io faccio altrettanto.

Ancora dieci mosse e il suo tempo è terminato!!!

Ho vinto una partita entusiasmante e ricca di colpi di scena, ma che sofferenza!!!

Ho dovuto aspettare l’ultima partita del torneo per riscattarmi.

Ora vorrei che il torneo continuasse ancora.

Si avvicina Sandra e mi fa i complimenti.

“Ho dovuto giocare alla tua maniera”.

“Ti insegnerò io come si fa.” dice con la faccia seria.

Ci guardiamo in faccia e scoppiamo a ridere nello stesso momento.

Dopo mezz’ora la proclamazione dei passaggi di categoria: Sandra è finalmente maestra.

Io resto candidato.

Prima o poi raggiungerò il mio traguardo.

Fino ad allora dovrò subire gli scherni della mia donna.

“Aspettami che ti raggiungo”.

Ma non sono sicuro , e se diventasse maestra internazionale nel frattempo?

Ripenso a quei campionati di quindici anni fa, e a tutte le battaglie che ho dovuto combattere in seguito.

Ripenso a tutti i tornei giocati nel frattempo, con la consapevolezza di un giocatore più maturo.

La vittorie, le sconfitte, i pareggi conquistati e quelli che ho dovuto subire, le persone che ho conosciuto, e quelle che mi hanno dimostrato amicizia, le forti emozioni che questo sport mi ha regalato.

Ripenso a quanto ho ricevuto ma anche a quanto ho dato: giorni a studiare per non restare un mediocre giocatore, i corsi di scacchi a cui ho partecipato e quelli tenuti da me…..

Ma gli scacchi mi hanno dato Sandra……

Gli amici del circolo di cormons organizzano, per il giorno dopo, una cena in onore di Sandra.

“Cosa si mangia?” chiede lei , curiosa.

“E’ una sorpresa.”

“Ma dai , non ci vuole molta fantasia: frico, brovada, civapcic, tocai, castagne e ribolla, verduzzo .

Il giorno dopo vengono a prenderci in macchina, ci dirigiamo verso cividale, entriamo in uno splendido agriturismo con dei vigneti molto ben tenuti, e imbocchiamo un viale di ulivi, intorno piante di noci, castagne e ciliegie.

Arrivati all’enorme sala da pranzo, che i friulani chiamano frasca, ci accolgono i gestori che ci fanno accomodare.

Non posso fare a meno di notare che le bevande che ha elencato Sandra sono tutte presenti, ma del cibo nemmeno l’ombra.

Finalmente ci portano delle olive aromatizzate, della salsiccia secca e del formaggio.

“Assaggia Jolao”, mi dice Sandra.

Assaggio le olive e non posso fare a meno di dire ai commensali:

“Ma anche noi in sardegna le facciamo così!” e Sandra ancora:

“Assaggia il formaggio.”

E’ un ottimo pecorino stagionato; che io sappia in friuli non viene prodotto.

“Assaggia la salsiccia” mi fa un altro.

Eh no!, dopo che ho assaggiato la salsiccia ho immaginato che tutti sapessero cosa si sarebbe mangiato al di fuori di me, aveva un forte sapore di anice, che in sardegna viene usata per aromatizzarla.

“Eh, ma allora…..” faccio io, e rivolto ai gestori:

“Ma siete Sardi?”

“Sardi siamo , beni benìu paesanu!” ( benvenuto conterraneo )

Ma guarda che scherzo simpatico mi hanno fatto i cormonesi, Sandra compresa.

“Che sorpresa!”

“Aspetta e asa a biri!” ( aspetta e vedrai )

In quel momento fa il suo ingresso trionfale su una corteccia di sughero e su un letto di pane, sua maestà il porchetto arrosto!

Poi pardulas, seadas, pirichittus e un buon bicchiere di mirto artigianale.

Sandra mi fa notare che il mangiare sardo si abbina bene con le bevande friulane.

“E viceversa.” azzardo io.

Due terre così lontane ma così simili.

Due terre che per secoli sono state tenute ai margini della civiltà e del commercio.

Due terre che hanno una storia simile.

Sono state invase da molti popoli.

E Sardi e Friulani hanno invaso, ma pacificamente, come emigranti, i cinque continenti.

E cosa dire dell’amore per la propria lingua e tradizioni?

E l’amore dei Sardi per i paesaggi friulani, così diversi dai nostri?

E l’ amore dei Friulani per il mare e la macchia mediterranea sarda?

E i tanti morti della brigata sassari venuti durante la prima guerra mondiale a difendere queste terre?

Io, che vi ho conosciuto a fondo, penso che voi siate il popolo che più ci assomiglia, e brindo con un buon bicchiere di mirto assieme a voi , alla nostra amicizia.

Stringo forte Sandra che, seria, mi consegna una busta dentro la quale c’è un foglietto:

“Questo è il mio regalo per te.”

La ringrazio, apro la busta, dentro, un foglietto scritto con la calligrafia da bambino.

E’ la trascrizione originale di una partita da lei giocata ai campionati italiani giovanili, quando leggo il nome a fianco al suo sono preso da una forte emozione, il suo antico avversario ero io!

Ecco chi era quella bambina con i riccioli che le cadevano sulla fronte, la mia Sandra!

©marianoabis













Ogni riferimento a fatti o persone è puramente casuale.



QUESTO RACCONTO E’ DEDICATO A MIA FIGLIA ANGELA















Sandra,scacchi e dintorni





RACCONTO DI MARIANO ABIS

































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